Sanità, la perenne ‘zona rossa’ del Sud. Svimez: Campania, Sicilia e Calabria ultime per livelli essenziali di assistenza

Ospedale
Una corsia d'ospedale

Non serviva la ‘zona rossa’ imposta dal Governo per dichiarare lo stato di perenne emergenza della Sanità in Campania. Questo è il responso che si può ricavare dal rapporto Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) pubblicato ieri per l’anno 2020 che volge al termine. Già considerando i punteggi relativi ai Lea, i livelli essenziali di assistenza) e la spesa sanitaria pro capite, sottolinea il rapporto, il sistema sanitario campano era in ‘zona rossa’, così come in emergenza continua è l’intera Sanità del Sud Italia. Il divario nei servizi, molto accentuato tra Nord e Sud, è dovuto soprattutto a una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza: in termini di sicurezza, adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura. In prima fila il divario sanitario.

Guardando ai Lea, nel 2018, ultimo anno per il quale sono disponibili i risultati ed anche il primo in cui tutte le Regioni monitorate risultano adempienti, raggiungendo il punteggio minimo di 160, la distanza tra le Regioni del Sud e del Centro-Nord è marcata, oscillando tra valori massimi di 222 punti del Veneto e 221 dell’Emilia-Romagna e i minimi di 170 di Campania e Sicilia e di appena 161 della Calabria.

Per comprendere meglio cosa si nasconda dietro queste differenze nei punteggi LEA in termini di impatto concreto sulle opportunità di cura dei cittadini, è utile guardare ad alcuni indicatori sull’accesso a particolari servizi sanitari. Drammatico è, ad esempio, lo squilibrio tra regioni italiane nelle attività di prevenzione. L’indicatore sintetico che misura la partecipazione della popolazione target ai programmi regionali di:screening mammografico per il tumore al seno; di screening per il tumore della cervice uterina; per il cancro del colon retto. Evidenzia uno score pari a 2, per la Calabria, mentre Liguria, Veneto, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta sono le regioni con il punteggio più alto, pari a 15.

Stessa situazione per quanto riguarda il divario scolastico e formativo, già evidente nei servizi per l’infanzia. I posti autorizzati per asili nido rispetto alla popolazione sono il 13,5% nel Mezzogiorno ed il 32% nel resto del Paese. La spesa pro capite dei Comuni per i servizi socioeducativi, per bambini da 0 a 2 anni, è pari a 1.468 euro nelle regioni del Centro, a 1.255 euro nel Nord-Est, per poi crollare ad appena 277 euro nel Sud. Nel Centro-Nord, nell’anno scolastico 2017-18, è stato garantito il tempo pieno al 46,1% dei bambini, con valori che raggiungono il 50,6% in Piemonte e Lombardia. Nel Mezzogiorno in media solo al 16%, in Sicilia la percentuale scende ad appena il 7,4%. Infine il Sud presenta tassi di abbandono assai più elevati: nel 2019, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, gli early leavers meridionali erano il 18,2%, a fronte del 10,6% delle Regioni del Centro-Nord. In cifra fissa si tratta di 290mila giovani. La pandemia, avverte la Svimez, potrebbe esacerbare le iniquità̀ formative esistenti nei sistemi scolastici.

L’aspetto critico è che la carenza di strumenti e la presenza di un background familiare svantaggiato spesso coesistono, con gravi ripercussioni sull’eguaglianza delle opportunità che l’istruzione dovrebbe offrire. Ne è chiara testimonianza il dato relativo alla quota di ragazzi tra i 6 i 17 anni che vivono in famiglie in cui non sono disponibili dispositivi informatici. Il divario territoriale anche in questo caso è rilevante, 7,5% al Nord contro 19% nel Mezzogiorno, e assume dimensioni crescenti in base alle caratteristiche delle famiglie di appartenenza. Nel caso di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo, la percentuale di ragazzi che non ha disponibilità di un sussidio informatico nel Sud raggiunge il 34%. Il rischio è che un terzo dei ragazzi di queste famiglie, senza adeguati e tempestivi interventi da parte delle istituzioni, che pure sono intervenute in questo ambito, vengano esclusi dal percorso formativo a distanza con conseguenze rilevanti nei prossimi anni sui tassi di dispersione scolastica. Gli studenti più svantaggiati potrebbero rimanere ancora più indietro rispetto ai loro compagni a causa della mancanza degli strumenti necessari per poter seguire le lezioni a distanza. In un tale contesto assume importanza ancora maggiore il contesto familiare con un potenziale incremento del divario tra le famiglie, in grado di sopperire alle mancanze dovute all’interruzione della didattica in presenza e quelle sprovviste o dotate di scarsi mezzi culturali ed economici.

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mercoledì, 25 Novembre 2020 - 08:09
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