Anziani morti di Covid in Rsa, arrestati i titolari. Misure anti contagio ignorate: «Non era un focolaio ma un altoforno»


Sono pesantissime le accuse che la Procura di Potenza ha formulato nei confronti dei due titolari di una casa alloggio per anziani di Marsicovetere, in provincia di Potenza. Sono accusato di epidemia colposa e omicidio colposo in danno di 22 anziani e di circonvenzione di incapaci. La misura è stata eseguita dai carabinieri del Nas di Potenza; secondo quanto emerso dalle indagini, iniziate ad ottobre quando la casa alloggio fu sequestrata dai carabinieri del Comando provinciale potentino, in quella struttura sarebbero state disattese tutte le più elementari norme anticontagio. Nel pieno della seconda ondata, in autunno, si registratono quattro decessi per Covid in due giorni tra gli ospiti, i positivi erano una trentina e, dopo il sequestro preventivo, alcuni furono trasferiti. Da quel primo atto giudiziario emersero altri particolari scioccanti.

Nella struttura, sostengono gli inquirenti, non venivano rispettato procedure anticontagio per ragioni di «risparmio e di profitto» e i dipendenti dovevano procurarsi i dispositivi di protezione individuale da soli. Una condotta spregiudicata da parte dei titolari, Nicola Ramagnano di 50 anni e Romina Varallo di 45, che avrebbe favorito l’espandersi dell’epidemia che ha portato a 22 anziani morti.

La casa di riposo di Marsicovetere  era «assolutamente inadeguata» e sovraffollata, sostengono gli investigatori Secondo la Procura della Repubblica di Potenza nella struttura, autorizzata ad ospitare 22 anziani, ve ne erano 49, che occupavano tutti i locali. Alcuni non autosufficienti erano stati «depositati» persino nella camera mortuaria. Gli investigatori dei Nas hanno accertato anche la «sistematica falsificazione» dei registri di entrata e usciti degli anziani. Secondo gli investigatori dei Nas, «in presenza di epidemia accertata» all’interno della casa di riposo di Marsicovetere, i titolari non hanno sottoposto al tampone un’ospite, poi trasferita «abusivamente» in un’altra struttura, la “San Giuseppe” di Brienza (Potenza) dove si è diffuso un altro focolaio che ha portato alla morte di cinque persone. Inoltre, Ramagnano è anche accusato di circonvenzione di incapaci perché, in un caso, avrebbe approfittato dello stato di infermità di un anziano ospite, «inducendolo» a firmare «atti dispositivi del proprio patrimonio in suo favore».

«Nonostante la pandemia in corso» non c’era alcun controllo: nella struttura entrava «chiunque, anche parenti con tosse o febbre». Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Potenza, Francesco Curcio, in una conferenza stampa nel Palazzo di Giustizia del capoluogo lucano, evidenziando che «il comportamento dei due gestori» ha fatto scoppiare «non un focolaio, ma un altoforno», con la morte per covid di 22 persone. Durante l’incontro con i giornalisti, il Comandante del gruppo Carabinieri per la Tutela della Salute di Napoli, tenente colonnello Vincenzo Maresca, ha sottolineato che si tratta «del primo caso dove è stato accertato il nesso di casualità tra le condotte negligenti degli indagati e la morte per covid di 22 persone». Gli investigatori hanno reso noto che ulteriori indagini sono in corso e che tra gli indagati vi è una suora di 81 anni, che gestisce la casa di riposo di Brienza, dove, senza aver effettuato il tampone, è entrata un’anziana «trasferita clandestinamente – ha rimarcato Curcio – dalla struttura di Marsicovetere».

lunedì, 8 Marzo 2021 - 15:37
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