Due metri di distanza a tavola, la nuova misura anti varianti Covid scatena la rivolta dei ristoratori: «Ora basta»


Aumentare da uno a due metri il distanziamento tra gli avventori nei bar e nei ristoranti. E’ bastato che la nuova raccomandazione igienico sanitaria si diffondesse tra gli addetti ai lavori per far scoppiare la rivolta nel settore già piegato dalla crisi. «Strumenti per mortificare le speranze di ripresa»: così definisce queste indicazioni la Fipe-Confommercio Campania dopo la lettura del dossier congiunto Inail-Aifa- Iss- Ministero della Salute intitolato “Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezione da Sars Cov-2 in tema di varianti e vaccinazioni anti-Covid». Nel report di 25 pagine, accanto alle misure che riguardano le persone vaccinate, sia nella gestione del privato che dei rapporti di lavoro, un passaggio va a toccare infatti proprio la materia relativa al distanziamento nei luoghi di somministrazione di cibo e bevande.

«Relativamente al distanziamento fisico – si legge a pagina 3 del rapporto –  non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza a seguito della comparsa delle nuove varianti virali; tuttavia, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria (come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo)».

Il dossier non ha valore vincolante, ma è ovvio che il mero suggerimento da parte dell’Inail, che ha fissato nel corso dei mesi scorsi i protocolli per la riapertura delle attività economiche, accende un allarme rosso per i ristoratori. Fipe Confommercio Campania è insorta: «È ora di finirla di complicare l’attività degli imprenditori e diffondere inutile allarmismo tra i cittadini. È gravissimo che le istituzioni preposte alla tutela della salute abbiano messo nero su bianco il suggerimento di aumentare a due metri la distanza fisica nei ristoranti, ammettendo candidamente nello stesso documento che non esistono basi scientifiche a supporto di questa aggiuntiva prescrizione – si legge in una nota –  In questo modo le autorità sanitarie perdono credibilità. Invece di inventarsi strumenti sempre nuovi per mortificare le speranze di ripresa di una vita normale degli italiani e dei ristoratori, dovrebbero concentrarsi su come accelerare la campagna vaccinale per portare fuori il Paese dal dramma dei lockdown».

«Siamo esasperati – continua la nota – e qui si continua a giocare con i numeri senza capire che le conseguenze sociali ed economiche sono e saranno devastanti. Nel frattempo, oggi festeggiamo il terzo mese al verde, senza ristori, con il 90% dei locali chiusi e senza alcun piano per la riapertura. È un momento drammatico, serve responsabilità a tutti i livelli: non si uccide un comparto da 1 milione di lavoratori senza alcuna base scientifica».

Nel documento sono peraltro introdotte altre indicazioni, che tengono conto della campagna di vaccinazione in atto e delle varianti. Come la raccomandazione di non modificare le misure di prevenzione e protezione (mascherine e lavaggio costante delle mani) e, in caso di persona vaccinata che venga a contatto con un positivo la raccomandazione di «adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione, a prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione». Il vaccinato considerato ‘contatto stretto’ deve osservare, purché sempre asintomatico, 10 giorni di quarantena dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo al decimo giorno o 14 giorni dall’ultima esposizione. I contatti stretti di un caso di Covid-19, invece, possono essere vaccinati ma «dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di potere essere sottoposti a vaccinazione».

giovedì, 18 Marzo 2021 - 09:01
© RIPRODUZIONE RISERVATA