Processo Open Arms, udienza il 15 settembre. La difesa di Salvini convoca Conte, Lamorgese e Di Maio come testi

Matteo Salvini (foto Kontrolab)
Matteo Salvini (foto Kontrolab)

Sono trentuno i testimoni i cui nomi sono sulla lista depositata dalla difesa di Matteo Salvini affinché vengano chiamati a comparire nella prossima udienza del 15 settembre nell’ambito del processo Open Arms. Lo scrive Adnkronos. Nella lista figurano l’ex premier Giuseppe Conte e l’attuale ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Ma anche l’attuale ministro degli Esteri, all’epoca dei fatti vicepremier insieme a Salvini, Luigi Di Mio, e gli ex ministri Toninelli, Tra, Mavero. L’udienza si svolgerà dinanzi alla seconda sezione penale del Tribunale di Palermo. E ancora politici, ex politici, ambasciatori, burocrati, prefetti e persino il comandante dell Open Arms Marc Reig Creus, che è anche parte civile. 

Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio per avere tenuto fermi per giorni sulla nave Open Arms 147 migranti salvati nell’agosto del 2019 nel Canale di Sicilia. 

Nella lunga lista testi, su cui si dovrà esprimere il Tribunale,anche rappresentanti dell’Unione europea, come il Commissario europeo che dovrà spiegare quali fossero le iniziative assunte dall’Ue in quel periodo. E ancora l’ex premier maltese Joseph Muscat oltre al vicepresidente del Consiglio di presidenza in Libia. 

Tra i temi di prova della difesa, quello di «provare le violazioni dell’imbarcazione della ong Open Arms», ma anche «di mostrare che i migranti furono sempre assistiti» di «provare che non c’era competenza dell’Italia e che si stava aspettando la redistribuzione dei migranti».

Anche la Procura di Palermo, come apprende l’Adnkronos, ha quasi finito la lista dei testi. Ci sono diversi politici del tempo, poiché durante l’udienza preliminare la difesa aveva depositato i verbali della loro deposizione all’udienza di Catania. Tra questi, con ogni probabilità. il ministro Luigi DI Maio e la ministra Lamorgese. L’accusa è rappresentata dal Procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunta Marzia Sabella, con un pool di pm. Saranno sentiti anche diversi funzionari del Ministero dell’Internoi.

I 147 migranti, tra cui numerosi minori non accompagnati, che nell’agosto del 2019 furono soccorsi dalla nave della ong spagnola Open Arms, in attesa di ottenere un porto di sbarco, rifiutato dal Viminale guidato in quel momento da Matteo Salvini, «vennero costretti forzatamente a rimanere a bordo per sei giorni, dal 14 agosto sino all’esecuzione del sequestro preventivo, in data 20 agosto». Ecco perché, secondo i giudici del Tribunale dei ministri di Palermo, il leader della Lega, accusato di sequestro di persone, dissero che il leader della Lega deve andare a processo. 

Giorni molto convulsi, quelli di metà agosto del 2019, con un fitto scambio di lettere tra Salvini e il premier Giuseppe Conte, con una decisione del Tar, con decreti sul divieto di ingresso nei porti italiani e persino una ispezione sanitaria a bordo. Secondo i magistrati di Palermo «la protrazione della permanenza a bordo dei migranti sulla Open Arms, per le precarie condizioni, sanitarie, psico-fisiche e logistiche, in cui essi versavano ha certamente compresso in modo rilevante e, dunque, giuridicamente ‘apprezzabile’ la loro libertà di movimento». 

«La privazione di libertà personale dei soggetti a bordo della Open Arms ha dunque assunto carattere di illegittimità, non solo in quanto inflitta in violazione di precise norme di rango primario, ma altresì in quanto non era consentita né imposta da alcuna ragione giuridicamente rilevante», questo il motivo per il quale Salvini, per i magistrati del Tribunale di Palermo, va processato.

«Il reato di sequestro di persona» contestato dal Tribunale dei ministri di Palermo, «risulta aggravato dal fatto che la condotta è stata commessa da parte di pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni» scrivevano le tre giudici nella richiesta di autorizzazione a procedere al Senato. E i pm nel corso dell’udienza preliminare all’Ucciardone sottolinearono ancora che: «Gli obblighi di diritto internazionale che gravano sullo Stato italiano, dal punto di vista normativo, fanno ritenere che sussisteva l’obbligo di salvataggio da parte del comandante della nave e della cooperazione dello Stato italiano. Un provvedimento negativo di accesso avrebbe determinato una violazione alla Convenzione di Ginevra e della convenzione sui rifugiati». 

lunedì, 6 Settembre 2021 - 14:52
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