Napoli, un’inchiesta scuote la Guardia di finanza: indagate 11 ‘divise’, c’è l’ex capo scorta di Cantone | Intercettazioni choc

Procura di Napoli (foto Kontrolab)
di Giorgio Pari

Undici uomini delle forze dell’ordine – dieci finanzieri e un poliziotto – coinvolti in un giro di presunte divise infedeli. Un’inchiesta della Dda di Napoli, che ruota intorno alla figura di Luigi Scavone, ex patron della società di lavoro interinale Alma Spa, già arrestato nel 2019 per un maxi-evasione fiscale, e per questo condannato nel giugno 2020 a tre anni e dieci mesi in primo grado.

In questo filone, l’imprenditore è accusato di aver corrotto undici militari della Guardia di Finanza con soggiorni di lusso, biglietti per le partite del Napoli o per le gare di Moto Gp, ottenendo in cambio un trattamento di “assoluto riguardo” dai pubblici ufficiali, che gli avrebbero garantito la mancanza di controlli fiscali e informazioni sensibili relative ad indagini. Sul registro degli indagati, oltre a Scavone, ci sono i finanzieri Rosario Brilla, Vincenzo Abate, Giuseppe Vaccaro, Vincenzo Vitiello, Emilio Vitale, Giovanni Pipola, Walter Pisani e Gianni Palmacci, e il poliziotto Michele D’Aniello. Pisani è l’ex capo scorta di Raffaele Cantone, oggi procuratore capo di Perugia, negli anni scorsi presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione. Il militare – secondo l’ipotesi investigativa – avrebbe ottenuto, grazie all’intercessione dell’imprenditore, l’assunzione della nipote e della sorella in una delle società del gruppo di Scavone.

La procura ha chiesto, nei mesi scorsi, l’arresto per Scavone, per nove finanzieri e il poliziotto, e altri due divieti di dimora per appartenenti alle Fiamme Gialle. Il Gip, però, non ha concesso le misure. La Procura ha quindi impugnato la decisione, e il Riesame ha disposto i domiciliari per Scavone e la sospensione dal lavoro per cinque finanzieri (Mattiello, Tortale, Brilla, Abate e Vitiello). Le misure cautelari, tuttavia, non sono state eseguite perché contro il provvedimento è stato presentato ricorso in Cassazione.

L’inchiesta è nata sulla scia delle indagini per evasione fiscale: analizzando il telefonino dell’imprenditore, gli inquirenti della Procura e della Guardia di Finanza si sono imbattuti in tanti messaggi scambiati su whatsapp da Scavone con i finanzieri, da cui emergevano i contatti. «Secondo la ricostruzione accusatoria – si legge dagli atti dell’inchiesta – la forte disponibilità di denaro liquido, frutto dei reati tributari, consentiva a Scavone di tenere a libro paga un notevole numero di esponenti delle forze dell’ordine, i quali ricevevano utilità di vario genere o ne accettavano la promessa. Più in generale, Scavone si mostrava estremamente disponibile nei confronti dei pubblici ufficiali, di modo che, una volta asserviti alle sue necessità, all’occorrenza questi gli avrebbero potuto garantire, o già gli garantivano, aiuti e favori».

LE INTERCETTAZIONI CHOC
Allegate all’ordinanza del Riesame, ci sono ntercettazioni choc. «Uomini di merda, questi sporchi… te lo giuro, pure se mi sentono per telefono, io gliel’ho detto a – (incomprensibile) – non lo posso mettere sotto (con la macchina, ndr) perché ora mi arrestano, perché dicono questo sta… ma io o a Napolitano o a Polito… lo devo buttare con la macchina, perché in Italia tu vuoi uccidere qualcuno e non lo paghi, lo devi buttare sotto con la macchina perché…». A parlare è il finanziere Alfonso Mattiello, in una conversazione col collega (coindagato) Giulio Tortale.
Il militare si riferisce ad ufficiali delle Fiamme Gialle – Napolitano e Polito – che indagano sulle presunte mazzette alle forze dell’ordine.

«Depongono nello stesso tempo – lasciando emergere peraltro l’allarmante profilo e la pericolosità del Mattiello ed al contempo, del Tortale, che – scrivono i giudici del Riesame – in talune occasioni lo ascoltava evidentemente condividendo i contenuti di quanto andava dicendo senza contrastarlo – le conversazioni relative addirittura alla pianificazione di atti violenti nei confronti dei militari che conducevano le indagini, di cui alle emergenze successive all’audizione del 10 gennaio 2020 che il Mattiello aveva tenuto dinanzi al P.M. in qualità di persona sottoposta ad indagini in un procedimento penale connesso». Mattiello, «in particolare, ha esternato più volte – si legge nel provvedimento – la sua volontà di porre in essere atti violenti nei confronti di alcuni Ufficiali ed ispettori del Nucleo PEF.: in varie conversazioni ambientali intercorse, come detto, con il collega Giulio Tortale, Alfonso, l’indagato mostra un forte risentimento nei confronti di coloro che dirigono le indagini (in particolare, del Colonnello Domenico Napolitano (nella foto), del Tenente Colonnello Giovanni Polito e del luogotenente Pasquale Cesarano), tanto da minacciarli addirittura di morte».

E dopo quelle parole, Mattiello aggiunge beffardo: «Io devo chiamare pure l’ambulanza e mi devo mettere a piangere….mi devo mettere a piangere». Bersaglio della rancorosa invettiva sono tre importanti investigatori. Domenico Napolitano – nel frattempo promosso generale – comanda il nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli. Tra pochi giorni, però, assumerà la guida del comando provinciale di Palermo.


«Nella conversazione in commento – rileva il collegio -, Alfonso Mattiello paventa l’idea di compiere un gesto eclatante nei confronti del Col. Domenico Napolitano e del Ten. Col. Giovanni Polito». Mattiello è un appuntato scelto, in servizio alla Compagnia di Napoli Capodichino.
La Dda di Napoli lo accusa di corruzione, in concorso con Scavone, «per garantire a questi la mancanza di controlli fiscali e valutari presso il predetto aeroporto in violazione delle procedure aeroportuali (…) e comunque per garantirgli un accesso facilitato ai servizi aeroportuali». I pm gli contestano di aver ricevuto dall’imprenditore, in cambio, denaro e altre utilità per oltre 20.000 euro: tra le altre cose viaggi, biglietti per le partite del Napoli e un Rolex. Nel dialogo captato, Mattiello si sfoga contro le indagini: “Io sono quello la che ..io gli facevo passare i soldi ( a Scavone, ndr) questi questo tengono in testa, Giulio…che noi gli facciamo passare i soldi!». Tortale di rimando: «Si.. e datemi elementi…». E Mattiello rilancia, in tono di sfida: «Dimostrartelo! Dimostratelo!».

LA PROCURA: “FIDUCIA NELLA GUARDIA DI FINANZA”
L’indagine sulla presunta corruzione dei finanzieri ha indotto la Procura di Napoli a precisare alcuni aspetti. Il nocciolo è il rapporto di fiducia con le Fiamme Gialle. Il procuratore capo facente funzioni, Rosa Volpe, ha diffuso una nota di chiarimento.

«In relazione alle notizie inerenti a indagini su presunti casi di corruzione di pubblici ufficiali già in servizio all’aeroporto di Capodichino, tra i quali alcuni appartenenti alla Guardia di Finanza – si afferma -, si reputa opportuno evidenziare che le delicate indagini sono state a suo tempo affidate da quest’Ufficio III sezione di criminalità economica alla stessa Guardia di Finanza di Napoli, ed in particolare agli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-finanziaria». Volpe specifica che «trattandosi di procedimento penale non ancora concluso è necessario tutelare la presunzione di innocenza degli indagati, ma va rimarcato come la complessa indagine anti-corruzione, svolta con la consueta e massima riservatezza dal Nucleo Pef costituisca ulteriore conferma della massima fiducia che contraddistingue i rapporti tra questa Procura e la Guardia di Finanza di Napoli».

domenica, 14 Agosto 2022 - 10:46
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