Detenuto ucciso in cella tre giorni dopo un’aggressione, dubbi sulla sorveglianza

Cella Carcere

Si fa luce sulla morte di Carmine Garofalo, detenuto morto lo scorso 16 agosto nel carcere romano di Regina Coeli. Secondo gli inquirenti della Procura capitolina si sarebbe trattato di un omicidio in cella, commesso tre giorni dopo una prima aggressione contro l’uomo.

Questa ipotesi investigativa nasce prima di tutto dalle testimonianze di alcuni detenuti che avevano già dichiarato che Garofalo, trovato senza vita per un apparente aneurisma, sarebbe stato aggredito da un compagno di cella e ucciso: il suo omicida lo avrebbe soffocato prendendolo alle spalle con un braccio stretto al collo. Secondo quanto risulta dagli atti del carcere, l’uomo aveva avuto una prima colluttazione con l’altro suo compagno di detenzione, persone violenta e con problemi psichiatrici secondo alcuni testimoni.

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    Sulla vicenda – per la quale la stessa amministrazione penitenziaria ha disposto una sua indagine – sorge ora più di un interrogativo e diversi dubbi sull’efficacia della sorveglianza di quella cella, l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri e sul perché un detenuto pericoloso, con precedenti di aggressività e problemi mentali – qualora questi elementi fossero confermati – fosse ristretto con tutti gli altri.

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   In effetti la dirigenza del carcere aveva disposto la sorveglianza a vista per la ‘cella 24’ fin dal 2 agosto ma, nonostante questo, tra il personale nessuno si sarebbe accorto di nulla. L’episodio risale a oltre un mese fa, quando il corpo di Garofalo è stato trovato riverso in terra senza vita nel pomeriggio del 16 agosto scorso e secondo il referto la causa sarebbe stata un aneurisma celebrale, forse provocato da una caduta accidentale nella quale avrebbe battuto la testa.

Ma dal racconto dei testimoni l’uomo sarebbe morto soffocato per mano del suo compagno di cella, che dopo averlo ucciso avrebbe ripulito tutto prima di rimettersi a dormire. Non è escluso che i magistrati, oltre ad aver disposto l’autopsia, abbiano ascoltato in queste ore il compagno di cella di Garofalo. Quest’ultimo in passato aveva anche tentato il suicidio.    «Quando ci sono delle voci o qualcosa che viene riferito e riportato è sempre necessario andare in fondo su due livelli: da un lato da parte della Procura e dall’altro da parte dell’amministrazione penitenziaria – sostiene il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma -. E se l’ipotesi dell’omicidio di Carmine Garofalo è fondata, perché il caso non è emerso subito, ma solo adesso? E’ chiaro che un’indagine interna è assolutamente necessaria per fare chiarezza. E’ sempre inquietante questo bisbigliare, questo dire e non dire».

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giovedì, 29 Settembre 2022 - 09:58
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