Imprenditore ucciso per aver ‘sfidato’ il clan dei Casalesi, ergastolo per boss ‘Sandokan’ e il cugino


Fu ucciso perché aveva osato opporsi al monopolio del clan dei Casalesi nel settore del ‘caro estinto’: Giovanni Parente, imprenditore titolare di un’attività di Pompei funebri, fu ammazzato nel 1996 a Santa Maria La Fossa.

Per il suo delitto la prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli (presidente Alfonso Barbarano) ha condannato all’ergastolo il capo della cosca casertana Francesco Schiavone noto come “Sandokan”, uno degli irriducibili del clan. Condanna all’ergastolo anche per il cugino omonimo Francesco Schiavone detto “Cicciariello”, che a differenza del primo da qualche anno si è dissociato dal clan senza mai avviare un percorso di collaborazione con la giustizia. Nel corso del processo, ‘Cicciariello’ ha ammesso la propria responsabilità in ordine all’omicidio.

La sentenza ha ribaltato le assoluzioni disposte nel processo di primo grado.

Per il delitto sono stati già condannati gli esecutori, tra cui Cesare Bianco, che ha incassato 20 anni e dieci mesi di reclusione.

Il delitto – è emerso dal processo – fu commesso perché Parente aveva deciso di effettuare un funerale invece di lasciare il lavoro all’agenzia di cui era proprietaria Lucia Setola, suocera di Antonio Papa, affiliato al clan Mezzero, referente del clan Schiavone nei comuni casertani di Grazzanise e Santa Maria la Fossa. Sandokan e il cugino decisero dunque di punire Parente per la presunta violazione dell’accordo che concedeva all’impresa riconducibile a Papa il monopolio dei funerali in zona.

Ad incastrare Sandokan fu un pizzino – mai rinvenuto ma di cui hanno riferito pentiti del clan ritenuti attendibili – inviato al cugino in cui rimarcò i problemi che stavano emergendo nel Basso Volturno, area controllata da Cicciariello, proprio relativi al settore delle agenzie funebri; per gli inquirenti la missiva era uno esplicito segnale ai suoi sottoposti affinché agissero eliminando Parente.

giovedì, 20 Ottobre 2022 - 07:30
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