Riforma Cartabia e ergastolo ostativo, Meloni parte della Giustizia: sul tavolo del Cdm il decreto che non piace ai penalisti


Parte dalla Giustizia l’azione di Governo guidato da Giorgia Meloni. E parte con alcuni provvedimenti che hanno già sollevato l’ira dell’Unione delle Camere penali italiane, quella che guardava con tanto favore alla nomina del magistrato (in pensione) Carlo Nordio come nuovo Guardasigilli.

Il primo Consiglio dei ministri è in corso a partire dalle 13 e sul tavolo c’è anche un decreto che viaggia lungo due binari: il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (prevista appunto per l’1 novembre) sollecitato dai magistrati; norme in ‘difesa’ dell’ergastolo ostativo, ossia norme che depotenziano la concessione di una serie di benefici ai detenuti in presenza di alcuni requisiti. Un pacchetto che ha un peso politico importante: non a caso la firma è sia quella di Nordio sia quella di Giorgia Meloni, che decide di mettere la faccia su temi che da sempre spaccano l’elettorato. 

Partiamo dalla riforma Cartabia. Dall’ambiente della magistratura vi sono state forti spinte, declinatesi anche in una lettera scritta dai procuratori generali, affinché si arrivi a un rinvio dell’entrata in vigore della riforma perché vi sono criticità e problemi organizzativi che rischiano di creare il caos. La dilazione servirà solo per consentire agli uffici giudiziari di arrivare pronti all’entrata vigore prevista, al più tardi, per la fine dell’anno: la riforma, infatti, non subirà aborti perché da essa dipende il Pnrr, piano che, appunto, ha indicato l’entrata in vigore della riforma entro la chiusura del 2022. 

Sull’ergastolo ostativo la questione è seria. Per accedere ai benefici penitenziari – è la norma che il Governo Meloni vuol far passare – i condannati per reati di mafia che non collaborano con la giustizia dovranno aver riparato il danno alle vittime e dimostrare di aver reciso i rapporti con i clan, allegando “elementi specifici”. La bozza richiede «l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna» o di dimostrare «l’assoluta impossibilità» di farvi fronte, e l’accertamento da parte del giudice di sorveglianza di iniziative del condannato «a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa». E per provare la fine dei rapporti con la mafia non basterà «la regolare condotta carceraria” e “la partecipazione del detenuto al percorso rieducativo», ma prove che consentano «di escludere l’attualità di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso». 

I penalisti hanno subito fatto sentire la loro voce: lamentano  lamentano «profili di incostituzionalità» del decreto legge sul tavolo del Csm» e una «evidente illegittimità» in relazione ai «motivi di urgenza» del provvedimento. Sul rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, i penaliste bollano come poco credibili i problemi di natura organizzativa: «Le addotte (seppure del tutto genericamente) difficoltà di ordine strutturale e logistico degli uffici giudiziari a darne immediata esecuzione, certamente non possono riguardare tutta la parte della riforma dedicata al sistema sanzionatorio e della esecuzione penale. Non si comprende quali difficoltà dovrebbero incontrarsi – a titolo di esempio – per l’ampliamento del catalogo dei reati perseguibili solo a querela, o per l’attuazione delle modifiche in tema di misure alternative alla detenzione, o per l’affidamento al giudice di merito della facoltà di irrogare direttamente con la sentenza pene alternative al carcere. La pretestuosa estensione anche a questa importante parte della riforma di esigenze di natura organizzativa, qui del tutto irrilevanti, autorizza la convinzione che detto ingiustificato rinvio preluda ad una riscrittura di questa parte della riforma, attesa la sua evidente incompatibilità con la fosca narrazione identitaria del “buttare la chiave” che, all’evidenza, vuole ispirare i primi passi del nuovo governo in tema di giustizia penale». 

Sull’ergastolo ostativo, invece, per i penalisti il testo «aggrava gli effetti delle ostatività relativi ad un ben più ampio catalogo di reati, a cominciare da quelli contro la pubblica amministrazione». 

lunedì, 31 Ottobre 2022 - 16:25
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