Studentesse molestate alla Federico II, ai domiciliari tecnico biologo candidato alle Regionali. Il gip: vittime paralizzate

Federico II
L'Università Federico II
di Gianmaria Roberti

Tra «palpeggiamenti e toccamenti di parti intime», consumati nell’arco di 9 anni, gli inquirenti gli contestano sei episodi di violenza sessuale aggravata, a danno di altrettante studentesse della facoltà di Biologia a Napoli. Con queste accuse è finito ai domiciliari Giovanni “Vanni” Migliaccio, 64enne tecnico di laboratorio della Federico II. Non certo un emarginato, ma un uomo perfino impegnato in politica. Nel 2020 è stato candidato, non eletto, alle Regionali in Campania, con la lista del centrosinistra + Campania in Europa a sostegno di Vincenzo De Luca. La misura cautelare – emessa dal gip Rosaria Maria Aufieri del tribunale di Napoli – è stata eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Il provvedimento è stato richiesto dal pool “fasce deboli” della Procura partenopea, coordinato dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone.

«Sussiste una significativa pericolosità sociale dell’indagato, ad onta della sua incensuratezza» scrive il giudice, nel motivare le esigenze cautelari. Sul dipendente dell’ateneo, il magistrato sottolinea «la ripetizione negli anni successivi di condotte analoghe». Proprio la «reiterazione» sarebbe «illuminante quanto alla serialità del suo comportamento». Secondo il gip, Migliaccio avrebbe creato «le occasioni per stare vicino» alle ragazze, o avrebbe approfittato «di quelle derivanti dallo svolgimento del suo incarico, così palesando una persistente incapacità di controllare i suoi impulsi sessuali». Un quadro accusatorio dal quale il tecnico dovrà difendersi nel prosieguo delle indagini.

«Tutte le vittime – afferma l’ordinanza – pur non conoscendosi tra loro (il che esclude qualunque possibilità di concertazione dei loro racconti) descrivono in termini analoghi gli effetti che la condotta dell’indagato – il quale approfittava del suo ruolo all’interno dell’università frequentata dalle stesse, carpendone la fiducia – provocava in loro, che restavano paralizzate dal timore e dall’imbarazzo, versando in una situazione di comprensibile disagio, e sovente non riuscivano a profferire una parola». Per il giudice, inoltre, «deve escludersi qualsivoglia intento calunniatorio delle vittime, che non avrebbero avuto alcun interesse ad accusare l’indagato di condotte illecite, ove dallo stesso non commesse». Tanto che «molte delle persone offese neppure avrebbero riferito alle forze dell’ordine quanto patito, se non fossero state convocate per l’assunzione» a sommarie informazioni testimoniali.

Una svolta alla vicenda, infatti, la dà un post su Instagram. Le voci iniziano a circolare, e il 29 novembre 2021, sul profilo dei Rappresentanti degli studenti federiciani di Biologia, compare un appello a denunciare le molestie. È rivolto alle vittime, e a chiunque sapesse di tali episodi. Dopo l’iniziativa, arrivano diverse segnalazioni. Ma prima ancora, è un altro gesto a mettere in moto le indagini. A compierlo è una studentessa: nel novembre di un anno fa denuncia Migliaccio ai carabinieri. La ragazza contatta, via mail, anche i vertici della facoltà. A causa di ciò, il tecnico subisce un procedimento disciplinare. Lui nega le accuse, ma viene sospeso per 30 giorni in via cautelare. Al termine dello stop, viene riammesso in servizio. Tuttavia, è trasferito dalla sede di via Mezzocannone a quella di Monte Sant’Angelo. Il nuovo ufficio non è a contatto con gli studenti.

Nel frattempo, gli investigatori cercano riscontri alla prima denuncia. Altre segnalazioni vengono raccolte dai rappresentanti degli studenti. Tutte quante confluiscono nel fascicolo. E c’è un episodio, riferito da una collega agli inquirenti. È un diverbio, sarebbe avvenuto a marzo 2020 in laboratorio. Il fidanzato di una studentessa, entrato in sala, chiederebbe conto a Migliaccio di presunte molestie. La discussione, descritta come concitata, degenererebbe in colluttazione. Nella circostanza, il tecnico riporterebbe «evidenti ecchimosi al volto». La stessa collega e un professore, intervenuti sul posto, gli suggerirebbero di chiamare un’ambulanza e la polizia. Lui, rialzatosi da terra, tuttavia «rispondeva che non ce n’era bisogno e, nonostante le loro insistenze, li invitava a non richiedere l’intervento di alcuno». Anche questa scena, messa a verbale dalla donna, è agli atti del procedimento. Ma le indagini ruotano, anzitutto, sulle testimonianze delle ragazze. Si ipotizzano violenze perpetrate, talvolta, sotto minaccia. Sarebbero avvenute nei laboratori, attirando le vittime con una scusa. Oppure ci sarebbero abusi commessi mentre le studentesse si esercitavano al microscopio, o lavoravano al computer. Alcune giovani, dopo i fatti denunciati, raccontano di stati d’ansia e tachicardia, dovendo entrare all’università. Fino a ricorrere ad escamotage, come un ingresso secondario, per non incrociare Migliaccio. Qualcuna, scioccata, si è anche recata anche in un centro antiviolenza.

«Il dottor Migliaccio non partecipa alle nostre attività da più di un anno e mezzo – dichiara Manuela Zambrano della segreteria nazionale di + Europa -, non sappiamo cosa abbia fatto successivamente né eravamo a conoscenza di queste vicende. Noi l’abbiamo frequentato dal punto di vista politico, e niente ci ha lasciato pensare a problemi di questo genere. Siamo strutturalmente garantisti ma, se ci sono delle denunce, a prescindere da tutto siamo solidali con eventuali turbamenti che dovessero esserci stati, per qualsiasi motivo. Poi il profilo penale verrà accertato nelle sedi competenti».

venerdì, 18 Novembre 2022 - 20:04
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