Calcio italiano sconvolto dalla scia di morti premature tra ex giocatori. Sull’abuso dei farmaci c’è chi fa outing, ma è bufera


L’inquietante ripetersi di morti premature tra ex calciatori, forse una maggior presa di coscienza sull’abuso di farmaci nel calcio, se non proprio sulla presenza del doping. Ora gli ex giocatori hanno paura, e non lo nascondono. C’è un velo che sta cadendo, su certe pratiche nel mondo del pallone, tra gli anni ’80 e ’90. A dare la scossa, le morti recenti di ex campioni come Vialli e Mihajlovic. Personaggi carismatici, la cui fine è stata traumatica.

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Il primo a rompere il silenzio è stato Dino Baggio, subito dopo Massimo Brambati e Florin Raducioiu. Parole accolte tra plausi di ex colleghi, ma anche polemiche. «Ho paura anche io – confessa martedì Dino Baggio, ex Juve, Parma, Lazio e nazionale, all’emittente veneta Tv7 – Bisognerebbe risalire a quello che abbiamo preso, investigare un po’ sulle sostanze prese in quei periodi. Non so se sia dovuto a questo ma il doping c’è sempre stato, ma bisogna vedere se certi integratori con il tempo fanno bene oppure no».

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Le parole dell’ex centrocampista – compagno di Vialli in bianconero e Mihajlović alla Lazio – , scatenano reazioni tra chi divideva lo spogliatoio con lui. «Dino è un mio carissimo amico e una persona con cui ho condiviso tante gioie, ma – afferma Alberto Di Chiara – non ci sono prove di relazioni tra l’uso di certe sostanze e la comparsa di formazioni maligne, sono congetture. Posso capire che uno possa avere dei timori. Ma se non c’è fondamento alle ipotesi, sono cose non belle da dire». Di diverso avviso l’ex centravanti parmense Alessandro Melli: «Dino le disse anche a me quelle cose dopo che è venuto a mancare Vialli, se l’ha detto sicuramente l’avrà visto con i suoi occhi. Lo conosco, se dice una cosa sicuramente dice una cosa di cui è certo. Può essere. Gli ho detto ‘Mi auguro che tu, se è vero quello che dici, sia stato perspicace e intelligente da non farne uso’. E lui sicuramente non l’ha fatto. Dino ha tirato su un polverone».

Walter Sabatini, ex calciatore, manager in club di vertice come Roma e Inter, rileva: «Questo è un discorso non certo di oggi, non è riferibile a Gianluca Vialli. C’è stata una moria di giocatori lunghissima per cui i sospetti sono consistenti e anche giustificabili, legati anche a metodi adottati una volta e che non erano probabilmente legati ad un sistema di doping ma un sistema di sostegno integrativo che portato a dosi eccessive può aver condotto a qualche problematica importante nel futuro».

L’ombra del doping, gli integratori, i farmaci, le flebo. La letteratura in materia è sterminata. Partendo dalle dichiarazioni di Zdenek Zeman nel lontano 1998, accuse che ancora fanno discutere. A 24 ore di distanza, dopo il clamore, Baggio però fa precisazioni. «Premesso che sostanze doping non le abbiamo mai prese, che – dichiara a Rainews24 – facevamo controlli antidoping ogni tre giorni e che noi calciatori non abbiamo vai avuto il dubbio di assumere sostanze strane, bisogna vedere se quegli integratori che prendevamo, del tutto leciti, con l’andare del tempo possono aver creato dei problemi».

Su Baggio scende però il gelo di Roberto Mancini, ct dell’Italia e storico “gemello” di Vialli. «Delle volte – afferma il tecnico – bisogna andare con i piedi di piombo in alcune dichiarazioni. Non ho idea di quello che è successo e quanto possa aver influito su una cosa del genere. Certe cose possono accadere a tutti, dalle persone normali ai calciatori professionisti. Quindi ripeto, bisogna stare attenti quando si rilasciano dichiarazioni del genere». Dal canto suo Beppe Dossena, ex Torino e Samp, sottolinea con l’Adn Kronos: «Ho letto le dichiarazioni di Dino Baggio, mi sembra un ragazzo equilibrato e credo che ponga una questione importante. Con tutti i soldi che girano non mondo del calcio si potrebbero anzi dovrebbero fare studi più approfonditi sul fatto che ci possa essere una maggiore incidenza di alcune malattie tra gli ex calciatori».

Ma il sasso nello stagno ormai è gettato. E c’è chi rilancia i timori. «Sì, prendevo Micoren, che all’epoca non era sostanza proibita ma poi diventò proibitissima, come fossero caramelle – dichiara all’Italpress l’ex difensore Massimo Brambati, un passato nel Torino, oggi opinionista tv -. C’era un uso smodato di questo farmaco ma non solo, anche flebo in cui non so bene cosa ci fosse dentro e un altro preparato chiamato Animina. All’epoca ho fatto diversi esami antidoping, tutti negativi, si trattava di farmaci leciti. Due anni dopo sono diventate tutte sostanze super dopanti e non ce le hanno date più. Oggi, quando c’è una morte inaspettata, ti vengono in mente certe cose che prendevi».

Ai tempi la cosa non destava certo scandalo. «Nello spogliatoio – racconta Brambati – c’era il passaparola, ‘Hai fatto la flebo, hai preso il Micoren?’, ci si chiedeva tra compagni. Se a 20 anni ti dicono di prendere qualcosa perché performi meglio, cosa fai? Dicevano che queste sostanze aumentavano la capacità polmonare, per esempio potevi correre i 100 metri restando sulle 140 pulsazioni anziché 180, il che voleva dire poterli rifare subito dopo senza fatica, restando anche lucido nel gesto atletico. Avevo i riflessi aumentati di quattro o cinque volte, persino sotto sforzo». Ma i segnali allarmanti non mancavano, pure allora. «Una volta, dopo una partita contro il Napoli – rivela l’ex calciatore -, andai a bere qualcosa con mio padre in un bar, e lui vide che non riuscivo a tenere fermo il bicchiere perché tremavo. Mi chiese se mi davano qualcosa e gli risposi di sì. Mi disse di non farmi dare certe cose, ma continuai a prenderle».

Rompe gli indugi pure l’ex attaccante rumeno Florin Raducioiu, un passato in Italia con Bari, Verona, Brescia e Milan. «Dobbiamo chiederci – sostiene – perché si verificano queste morti premature, in un’età piuttosto giovane». Raducioiu svela: «Anche io ho preso dei medicinali» a Milano, Brescia e Verona. Poi annuncia: «Parlerò con il medico che ci seguiva a Brescia per sapere che medicinali ho preso. Ci hanno detto che erano vitamine, glucosio. Facevamo flebo con questo liquido rosa, il giorno prima della partita, la sera in albergo». A Milano, invece, «prendevamo altre cose, pillole». Il calcio italiano, dopo tanto tempo, torna a interrogarsi sulla salute degli atleti.

giovedì, 19 Gennaio 2023 - 10:19
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