Verbali Amara su loggia Ungheria, bufera infinita sul Csm: il gup manda atti ai pm per indagare su 2 consiglieri

marra e cascini
Da sinistra i magistrati Giuseppe Marra e Giuseppe Cascini

Quarantadue pagine di motivazioni, che da un lato spiegano le ragioni del proscioglimento della ex addetta alla segreteria dell’allora consigliere Piercamillo Davigo e dall’altro aprono l’ennesima ferita all’interno della magistratura e del Csm. Il giudice dell’udienza preliminare Nicolò Marino ha infatti messo nero su bianco la necessità di approfondire le posizioni di due magistrati che fanno parte del Csm ormai in uscita, Giuseppe Cascini (di Area) e Giuseppe Marra (di Autonomia & Indipendenza). Nello specifico il gup suggerisce di valutare la configurabilità dell’ipotesi di reato di omessa denuncia.

I fatti ruotano sempre ai verbali dell’avvocato Piero Amara, ex legale esterno di Eni-Nigeria, che ad un certo punto decide di parlare coi magistrati milanesi e, tra le altre cose, racconta dell’esistenza della cosiddetta ‘loggia Ungheria’, un’associazione segreta che sarebbe stata in grado di condizionare le nomine in magistratura. Di quella loggia, dichiarò Amara, faceva parte anche il consigliere Csm Sebastiano Ardita. Raccolte queste informazioni, i magistrati di Milano non avviarono però alcun tipo di accertamento. E qui si aprì una prima crepa all’interno del pool inquirente. Il pm Paolo Storari, che era tra i titolari del fascicolo e che spingeva per verificare la fondatezza delle accuse, iniziò a temere ripercussioni per le ‘omissioni’ dei suoi superiori e si rivolse all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, informandolo del contenuto delle dichiarazioni di Amara e passandogli poi le carte. Carte che finirono in possesso di qualche giornalista e il cui contenuto divenne pubblico, innescando così l’apertura di un’inchiesta che ha poi travolto molte delle persone che hanno ‘toccato’ i verbali di Amara.

A finire sotto processo è stata, tra gli altri, l’allora addetta alla segreteria dell’allora consigliere Piercamillo Davigo, Marcella Contrafatto, accusata di avere diffuso i verbali coperti da segreto istruttorio che il pm Storari aveva consegnato a Davigo. A lei veniva contestato il reato di calunnia ai danni dell’ex procuratore di Milano Francesco Greco perché allegato ai verbali vi era un biglietto anonimo nel quale si affermava che «verbale in questione era stato ben tenuto nascosto» da Greco «chissà perché» e che «in altri verbali c’è anche luì (parte manoscritta volta verosimilmente a evidenziare che da alcuni verbali di interrogatorio risulta la presenza del dottor Greco)». A dicembre Marcella Contrafatto, licenziata in tronco senza neanche aspettare l’esito dell’inchiesta, è stata prosciolta e adesso in 42 pagine di motivazioni il gup spiega che «gli elementi di prova acquisiti dalla procura di Roma» contro la donna sono stati «del tutto insufficienti, e comunque contraddittori, a sostenere in giudizio l’assunto accusatorio».

Piuttosto il gup Nicolò Marino vira l’attenzione su diversi consiglieri del Csm, evidenziando che sarebbe necessario «analizzare il comportamento esigibile da ciascun consigliere dell’organo di autogoverno della magistratura allorché di quei verbali avesse avuto la disponibilità», dal momento che quei verbali erano coperti da segreto investigativo. Incalza a tal proposito il gup: «All’interno del Csm ci sono stati imbarazzanti silenzi ed inescusabili omissioni, che non possono trovare giustificazione alcuna per chi ha avuto in mano quei verbali, li ha letti e poi distrutti quando scoppierà il caso Contrafatto o per chi, dopo averli letti, si è finanche spinto a fornire al consigliere Davigo valutazioni sulla credibilità di Amara, sicuramente al di fuori dei compiti e dei doveri istituzionali che l’alto incarico di componente del Csm ricoperto imponeva».

Una girandola di comportamenti discutibili originati, a parere del gip, da un grosso errore commesso prima da Davigo e poi da tutti gli altri. Secondo il gip, infatti, al pm Storari andava consigliato di rivolgersi al procuratore generale e mantenere il riserbo: «Sarebbe bastato poco, sin dalla prima comunicazione a Davigo dell’esistenza di quei verbali, per non creare, in maniera scomposta, l’ennesimo allarme istituzionale all’interno della Magistratura: seguire le regole, ovvero declinare la consegna dei file word, invitare Storari a rivolgersi al suo Procuratore Generale e mantenere il riserbo. Ma il consigliere Davigo, nonostante la sua straordinaria esperienza, ha, purtroppo, imboccato la strada sbagliata, e con lui altri».
Unica eccezione, ricordata peraltro dal giudice Marino, fu il consigliere Nino Di Matteo che sporse denuncia. Per il resto «ci si è trovati di fronte a potenziali fattispecie di omessa denuncia di cui alcuni consiglieri del Csm si sarebbero resi responsabili».

In questo scenario il gup ricava l’esistenza di elementi indiziari meritevoli di essere approfondimenti, elementi a carico in particolare di due consiglieri rispetto ai quali vengono inviati gli atti in procura. Il gup, per l’esattezza, chiede alla procura di valutare la configurabilità, «nei confronti del consigliere Giuseppe Cascini, dell’ipotesi di reato di cui all’art. 361 c.p (omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale ndr) e del consigliere Giuseppe Marra, delle ipotesi di reato di cui agli artt. 351 (violazione della pubblica custodia di cose ndr) e 361 c.p, con riferimento a fatti accaduti in Roma, rispettivamente, nell’aprile-maggio 2020 per il primo, e tra il giugno e l’ottobre 2020 e in data successiva e prossima al 21 ottobre 2020 per il secondo».

Per quanto riguarda la posizione di Marra, il gup richiama dichiarazioni rese ai pm di Brescia il 21 giugno del 2021. Da quelle dichiarazioni emerge che Marra «non solo fosse stato portato a conoscenza di gran parte delle dichiarazioni rese da Amara ma avesse anche avuto la disponibilità esclusiva dei verbali, coperti da segreto investigativo (circostanza allo stesso nota per come dichiarato), e quindi costituenti corpo di reato, da lui distrutti senza neanche aver tentato di spiegarne il perché alla autorità giudiziaria di Brescia».

Per il gup Marino, Marra «ha permesso che i verbali di Amara venissero ulteriormente divulgati, seppure coperti da segreto investigativo e in assenza di ogni comunicazione ufficiale da parte della Procura di Milano all’organo di autogoverno della magistratura; ha direttamente offerto le sue valutazioni in merito alla credibilità di Amara nonostante né lui, né il consigliere Davigo avessero titolo per farlo; ha omesso ogni denuncia alla competente autorità giudiziaria; ha addirittura provveduto a distruggere i verbali una volta appreso delle perquisizioni effettuate in danno della Contrafatto ed essersi accertato, tramite Davigo, che era stato quest’ultimo a portare i verbali sulla sua scrivania».

Tranciante la considerazione del giudice Marino: «E’ veramente allarmante che un magistrato togato, componente del Csm, prima di distruggere i verbali, si sia confrontato con Davigo, raggiungendolo a Milano, per verificare se gli stessi fossero stati portati sul suo tavolo direttamente da lui o tramite la Contrafatto; evidentemente aveva ben chiaro come la disponibilità di quei verbali apparisse, oltre che ingiustificata, anche imbarazzante».

giovedì, 19 Gennaio 2023 - 15:39
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