Vomero, morì schiacciata dal pino crollato Il pg ci riprova in Appello: condannate tutti gli imputati anche per disastro colposo

Il pino crollato che uccise Cristina Alongi il 10 giugno 2013 in via Aniello Falcone al Vomero
di Manuela Galletta

Al processo di primo grado l’accusa di disastro colposo non passò, benché il pubblico ministero Sergio Amato avesse insistito sulla circostanza che il crollo del pino in via Aniello Falcone che il 10 giugno del 2013 uccise Cristina Alongi avrebbe potuto provocare una strage. Ieri, a distanza di un anno ed otto mesi dalla sentenza firmata dal giudice monocratico Nicola Miraglia del Giudice del Tribunale di Napoli che escluse quell’ipotesi di reato, un rappresentante della pubblica accusa è tornato invece a cavalcare il quadro indiziario prospettato dal pm che istruì l’indagine.
Prima sezione penale della Corte d’Appello di Napoli, presidente Romano: il sostituto procuratore generale Iadanza, nel tirare le conclusioni del processo d’Appello sulla drammatica morte di Cristina Alongi, ha chiesto di far rivivere l’accusa di disastro colposo, ma ha chiesto anche la condanna di tutti e tre gli imputati di primo grado, due dei quali invece vennero assolti dal giudice monocratico. Due anni, in particolare, sono stati proposti per Cinzia Piccioni, la funzionaria agronoma del Comune di Napoli, che due mesi prima del crollo del pino aveva effettuato un sopralluogo presso i giardinetti. Due anni (pena sospesa) sia per omicidio colposo (reato per il quale la donna era stata già riconosciuta colpevole in primo grado e condannata a un anno e quattro mesi) e per disastro colposo. Due anni (pena sospesa) per entrambe le ipotesi di reato sono stati proposti anche per il vigile del fuoco Tiziano Fucci, che inoltrò alla polizia municipale di Napoli la segnalazione del titolare del bar che affacciava sui giardinetti e che annunciò l’imminente pericolo di crollo, e per il vigile urbano Marino Reccia che il 27 maggio 2013 era di turno quando arrivò la notizia del pericolo denunciato dal commerciante. Quel giorno il titolare del bar contattò dapprima i vigili del fuoco e la sua voce è rimasta impressa sul nastro di una registra finita agli atti dell’inchiesta: «Vigili del fuoco? Guardi, qui abbiamo un problema. Il pino secolare che ci sta nella piazza… Si è piegato, si è fatto un taglio proprio su se stesso. Forse è opportuno che venite a vedere», disse il commerciante. Dall’altro altro della cornetta alzarono le mani: «Sì ma noi non possiamo abbattere un pino secolare. Chiamate il Comune, i vigili urbani. Non è nostra competenza». Alla fine nessuno fece niente e la mattina del 10 giugno 2013 il pino crollò all’improvviso schiacciando una macchina di passaggio. Alla guida c’era Cristina Alongi, madre di famiglia e sposata. La donna non ebbe scampo. In primo grado sia il vigile del fuoco che il vigile urbano vennero assolti entrambi dall’accusa di omicidio colposo «per non aver commesso il fatto»: per il giudice Nicola Miraglia del Giudice non fu provata una correlazione tra la loro condotta e la tragedia. Ma il pg Iadanza la pensa diversamente. Il processo proseguirà con le arringhe del collegio difensivo, composto dagli avvocati Fabrizio Chianese, Diomede Persone e Giuseppe Landolfo. La sentenza è attesa per gli inizi di luglio.

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giovedì, 24 Maggio 2018 - 10:39
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