Ciro Esposito, la Cassazione: «De Santis non sparò per legittima difesa»

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Quella di Daniele De Santis non fu una «legittima difesa»: l’imputato «si trovava a fronteggiare un gruppetto sparuto di tifosi disarmati e a mani nude, là dove egli era, al contrario, l’unico ad avere la disponibilità di una pistola». Lo scrive la prima sezione penale della Cassazione spiegando perché, lo scorso settembre, confermò in via definitiva la condanna a 16 anni di reclusione per Daniele De Santis, l’ultrà giallorosso accusato dell’omicidio di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli rimasto ferito il 3 maggio 2014 alla vigilia della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina nel corso di incidenti scoppiati a Tor di Quinto e morto al Policlinico Gemelli dopo 53 giorni di agonia.

L’uso dell’arma, si legge nella sentenza depositata oggi, «fu posto in essere deliberatamente» da De Santis, il quale «non si servì della pistola per dissuadere i soggetti che si avvicinavano. Né la mostrò – aggiunge la Corte – o sparò in aria nell’esclusivo tentativo di intimorirli. Sparò cinque volte, ripetutamente e ad altezza d’uomo. Da quanto premesso, si è ritratta la conclusione dell’insussistenza della scriminante e dell’impossibilità di configurare un eccesso colposo rispetto ad essa».

Nella sentenza, lunga 20 pagine, la Cassazione ricorda, condividendola, la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’assise d’appello di Roma (che, assolvendo De Santis dall’accusa di rissa aggravata ed escludendo alcune aggravanti, aveva notevolmente ridotto la pena rispetto ai 26 anni che gli erano stati inflitti in primo grado): «L’imputato aveva posto in essere le condizioni obiettive che portavano allo scontro. Aveva provocato una situazione di pericolo, scagliando oggetti contro il pullman dei tifosi napoletani, mettendo in conto una possibile reazione e creando così una condizione obiettiva di pericolo.

Da ciò, dopo l’azione dimostrativa, la fuga posta in essere. In questa logica non vi fu, in fatto – osserva la Suprema Corte – alcuna cesura tra l’azione dell’imputato e l’inseguimento da parte di Esposito e degli altri soggetti, iniziativa che fu immediata e in continuità con il gesto posto in essere». Quindi, De Santis «fu raggiunto e colpito, probabilmente con un pugno, da Esposito, colpo che provocò in De Santis una rotazione facendolo finire a terra» e si è «correttamente ritenuto che egli avesse già impugnato l’arma nel momento in cui, colpito da Ciro Esposito, cadeva al suolo». In questa sequenza di eventi, si sottolinea ancora nella sentenza depositata oggi dai giudici del ‘Palazzaccio’, «si è escluso che egli avesse sparato dopo essere stato ripetutamente accoltellato dai tifosi napoletani».

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lunedì, 8 Aprile 2019 - 18:47
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