Strage di Bologna, l’attentato 39 anni fa Bonafede: «La ricerca della verità è un diritto di tutto il popolo italiano»


Trentanove anni fa esatti, la sala d’aspetto della stazione di Bologna, affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, venne disintegrata. Erano le 10,25 del 2 agosto 1980 quando un ordigno, contenuto in una valigia abbandonata, scoppiò distruggendo l’ala ovest dell’edificio.
Quel giorno si verificò il più grave attentato terroristico in Italia dal secondo Dopoguerra. I morti furono 85, mentre 300 i feriti. Tre le condanne in via definitiva a carico di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Tutti e tre ex militanti del Nuclei armati rivoluzionari (Nar) ed autori materiali della strage. Sui mandanti, invece, vige ancora l’ombra del mistero.

Nella giornata di oggi, in consiglio comunale a Bologna, vengono ricordati quei tragici momenti. Oltre al sindaco della città Virginio Merola e al presidente dell’Associazione vittime 2 agosto Paolo Bolognesi, ha partecipato anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

«Quando avviene una strage non c’è solo il dolore dei familiari delle vittime, ma il lutto è dello Stato. La ricerca della verità non deve essere solo interessare i familiari delle vittime o la città, la ricerca della verità è un diritto di tutto il popolo italiano e lo Stato non deve mai arrendersi e non deve mai arretrare di un millimetro ma, anzi, continuare nella ricerca perseverante di quella verità», ha sottolineato Bonafede. «La magistratura sta facendo un buon lavoro – ha aggiunto Bonafede – chiaramente con le difficoltà che ci sono per i tanti anni che purtroppo sono passati”. Il ministro ha ricordato come i familiari delle vittime dell’attentato aspettino ancora di conoscere tutta la verità. Quando «incontro i familiari delle vittime della strage di Bologna e di altre stragi – ha concluso il Guardasigilli – ricordo a me stesso quanto deve essere importante l’impegno di un governo e delle istituzioni proprio nel cercare di mantenere il livello di serietà e di compattezza nel portare avanti gli obiettivi che ci prefissiamo».

Intanto, i procedimenti giudiziari in corso sono due. Da una parte l’inchiesta sui mandanti della procura bolognese, che nell’ottobre 2017 avocò a sé le indagini. Diverse persone sono state ascoltate dagli inquirenti, le cui investigazioni hanno portato a conti correnti in Svizzera riconducibili anche a Licio Gelli, venerabile maestro della loggia massonica P2. Gelli, morto nel dicembre 2015, è stato condannato per il tentativo di depistaggio dell’indagini sulla strage. Indagato nella stessa inchiesta Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale. Bellini è stato iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di concorso nella strage. Nei suoi confronti, il tribunale di Bologna, nel 1992, aveva emanato una sentenza di non doversi procedere. Sentenza revocata dal gip. Alla base della decisione, un fotogramma estrapolato da un filmato amatoriale in cui compare il volto di un uomo vicino ad un binario negli attimi successivi allo scoppio, ritenuto dalla Procura generale somigliante al Bellini. Ma sulla questione verrà svolto l’esame antropometrico. Nel frattempo, dinanzi alla Corte d’Assise di Bologna, pende il processo all’ex Nar Gilberto Cavallini, imputato per concorso nella strage del 2 agosto con l’accusa di aver dato supporto logistico ai tre esecutori materiali. Queste le verità processuali. Anche se negli anni varie sono state le ipotesi rincorse di piste alternative.

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venerdì, 2 Agosto 2019 - 13:45
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