A Portici il Coronavirus svuota la Chiesa, l’omelia del parroco fatalista: «Venite a Messa, tanto moriremo tutti lo stesso»

madonna della salute portici
La Parrocchia di Maria S.S. della Salute a Portici
di Bianca Bianco

Le vie del Signore, si sa, sono infinite. E in questi giorni di grande paura e confusione, in cui persino abbracciarci è diventato un gesto di coraggio, il senso di questo modo di dire abusato e adattato in mille modi per una volta diviene reale.

Stop alle messe fino al 3 aprile, anche il conforto della preghiera dovrà essere cercato tra le mura di casa per evitare contagi, per contenere il Coronavirus, per allontanare il ‘maligno’ che ha preso le forme di un morbo che si insinua nel nostro organismo ma ora ci toglie anche il sollievo di cercare davanti al Signore le risposte alla nostra inquietudine. Persino Papa Francesco si ‘ingabbia’ e l’Angelus va in streaming.  C’è chi, però, rispetto a queste restrizioni anti-contagio che coinvolgono pure le celebrazioni religiose ed il vertice della Santa Sede, va decisamente controcorrente. C’è un sacerdote, nel Napoletano, che fino a ieri invitava a continuare ad andare in Chiesa, a riempirne gli spazi, a partecipare come sempre perché, fatalisticamente, «tutti dobbiamo morire»

Portici, Messa serale della seconda domenica di Quaresima nella Parrocchia di Maria Santissima della Salute. Alle 18,30, dopo il consueto rosario recitato da poche anime, tra le grandi navate dell’edificio moderno che accoglie i fedeli di Bellavista si radunano poche persone, una settantina. Tutti silenziosi ed a debita distanza, prescrizione facilmente rispettata in uno spazio così grande e dispersivo. Sembra una Messa come tante, solo meno persone e la pioggia che scoraggia altre presenze, ma tutti sanno che non è così. La celebrazione che sta per iniziare sarà monca, non è più permesso scambiarsi un gesto di pace e si ha persino timore di raccogliere dalle altrui mani l’Eucarestia. La Fede ai tempi del Coronavirus.

Sull’altare, il viceparroco don Giovanni Ciannella, 48enne sacerdote dal 2016, che guarda attento tra i banchi prima della Liturgia, organizza ogni dettaglio con l’aiuto delle chierichette, poi indossa la stola ed inizia le celebrazioni. E’ don Giovanni, qui a Bellavista molto amato, a lanciare il suo messaggio controcorrente, che ‘sfida’ le regole che sono rispettate invece persino dal Papa in persona. A Roma Francesco celebra la Messa in video, scusandosi coi fedeli se è lì, ‘ingabbiato’ in uno schermo, e non può nemmeno parlare alle consuete folle dal balcone di Piazza San Pietro; a Roma la Conferenza episcopale sospende le Messe fino al 3 aprile. A Portici don Giovanni nell’omelia dice ben altro.

«Stasera siamo pochi – ha detto don Giovanni dall’altare – E lo siamo per colpa della paura del Coronavirus. Ma non è giusto – ha proseguito – bisogna continuare a venire a Messa perché in fondo, se ci pensate, tutti quanti alla fine dobbiamo morire». Una visione certamente fatalista della vita, ma ognuno alla fine la pensa come vuole. Tra le navate il silenzio. L’omelia continua: «Dobbiamo cercare conforto nel Signore, perché solo il Signore in questi giorni può proteggerci. Lui è infallibile, mentre i medici e gli scienziati sono fallibili (…) Speriamo che nei prossimi giorni non arrivi la sospensione anche delle celebrazioni religiose». E anche qui si potrebbe dire tanto, ma sarebbe ingiusto nei confronti di chi a Dio si affida ciecamente soprattutto in giorni come questo.

Ma è il resto della funzione che spiega, molto al di là delle parole del parroco di Portici, che gli animi, pure quelli di chi crede senza porsi domande, sono cambiati, e sono cambiate anche regole millenarie come quelle della Liturgia. Da qualche settimana non ci si può scambiare più il segno della pace per contenere i contagi (sebbene tra i banchi ci sia ancora qualche temerario che lo fa) ed al momento dell’Eucarestia lo stesso don Ciannella deve invitare i fedeli ad avvicinarsi a prendere la Comunione perché quasi tutti restano fermi ai banchi: «L’ostia sarà data in mano, tenendo le mani incrociate sul cuore» rassicura il prete, e i più si avvicinano all’altare.

Le cose sono cambiate, la dimostrazione – coraggiosa – l’ha data proprio ieri sera la Conferenza dei Vescovi italiani sospendendo le Messe, i matrimoni ed i funerali in tutta Italia fino al 3 aprile. Un messaggio forte, che è di certo arrivato anche a don Giovanni. Il problema, allora, forse non è più riempire le Chiese, come predicava ieri don Giovanni, di certo animato dalla volontà di tenere unita la sua comunità pur lasciando filtrare un messaggio che oggi, purtroppo, deve essere momentaneamente archiviato.

Almeno per adesso possiamo fare a meno di raduni affollati e fedeli assiepati. Una bellissima immagine che possiamo rinviare alla prima domenica di aprile, quando con gioia, se le prescrizioni non saranno prorogate, torneremo a popolare le rassicuranti mura dei nostri templi. Fino ad allora ci accontenteremo delle Messe in tv, dei rosari alla radio, della preghiera in solitudine. Lo chiede il buon senso, lo richiede la prudenza che, come dimostra il Papa in persona, oggi sono l’unico viatico non certo per la Salvezza ma di sicuro per la Salute.

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lunedì, 9 Marzo 2020 - 08:04
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