Coronavirus, Conte annuncia la ‘serrata’ ma il decreto lascia aperto quasi tutto. Ira dei sindacati: «Pronti allo sciopero»

giuseppe conte
Giuseppe Conte
di Bianca Bianco

Annunciato come il decreto sulle fabbriche chiuse, quello che avrebbe dato un ulteriore giro di vite alla quarantena imposta agli italiani e una stretta decisiva alle attività produttive, tutto in nome del contenimento del contagio da Coronavirus, in realtà il nuovo provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri entrato in vigore ieri potrebbe essere derubricato a mini-decreto. Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire citando Shakespeare. Il rumore di un annuncio a Facebook unificati, con un videomessaggio del premier Giuseppe Conte quando mancava un quarto d’ora alla mezzanotte di sabato, pregno di retorica ma poverissimo di contenuti. Ed il nulla di una stretta che prima non è stata ben spiegata e in seguito è risultata per molti evanescente.

Dopo una giornata di ‘caccia’ alle disposizioni, per capire quali attività lavorative fossero aperte e quali no, mentre la stampa si affannava a ricopiare i codici Ateco per individuare quali attività fossero aperte o meno, alle 19 di domenica è arrivata la firma al nuovo Dpcm che, di fatto, chiude ben poco come lamentano anche i sindacati, già pronti a dichiarare sciopero. Ma andiamo con ordine elencando le attività aperte. (la lista completa nella fotogallery in basso)

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Quali attività sono aperte
 Come anticipato ieri, le attività che forniscono beni e servizi essenziali che restano aperte sono quelle del settore agroalimentare, intesa come l’intera filiera (dalla zootecnica alla trasformazione alimentare fino alla produzione di attrezzature); il settore farmaceutico (farmacie, ma anche fabbricazione e commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici e di prodotti chimici, compresa quella di plastica e gomma); il settore dei trasporti (treni, autobus, aerei, navi) per assicurare lo spostamento delle merci e delle persone, nei limiti delle restrizioni ai movimenti delle persone sul territorio. Resta ‘aperto’ il noleggio di auto, si spostano i taxi, restano aperte le attività di magazzinaggio e di supporto logistico per i trasporti di merci. Non si fermano i servizi postali.

Studi professionali
Sul punto c’è stata grande confusione, in molti si sarebbero aspettati la chiusura degli studi legali e professionali, vista la stretta in Lombardia, invece non ci saranno sospensioni per avvocati, commercialisti ma anche per nota, ingegneri, architetti. Aperti anche i servizi veterinari.

Manutenzione e riparazione
Consentita l’attività di manutenzione e riparazione di auto e di commercio di parti ed accessori di auto; sì alla riparazione di elettrodomestici ed articoli per la casa.

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Assistenza informatica
Restano aperti anche i negozi per la riparazione di telefoni, telefonini e computer. Essenziali, e quindi a lavoro, anche le aziende di telecomunicazioni.

Banche e assicurazioni
Operativi i servizi bancari e postali, le assicurazioni: la maggior parte stanno lavorando già in smart working e nelle filiali i contatti diretti con i clienti, se non effettuabili via remoto, sono possibili solo filtrati e per appuntamento.

Ricezione ed ospitalità
Alberghi e strutture simili restano aperti perché, anche se turisti non ci sono più, potrebbero essere utilizzati per ospitare degenti in quarantena. Aperte anche le case di riposo.

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Informazione
I giornalisti non si fermano, così come le edicole. L’informazione è un bene di prima necessità. Garantito anche il commercio all’ingrosso di libri e giornali e la fabbricazione della carta.

Colf e badanti
Categoria importantissima per le famiglie che hanno anziani non autosufficienti o che abitano da soli, colf e badanti continuano a lavorare. Ovviamente si fa riferimento soprattutto al personale domestico che vive con la persona assistita perché i lavoratori e le lavoratrici che non vivono con l’anziano o la famiglia già da giorni, per la maggior parte, hanno sospeso la collaborazione per precauzione.

Queste le imprese che restano aperte: troppe secondo i sindacati che ieri hanno mostrato la propria insoddisfazione annunciando l’intenzione di proclamare uno sciopero generale. «A differenza di quanto indicato ieri dal Governo alle parti sociali ed al Paese – si legge in una nota congiunta di Cgil, Cisl e Uil –  in queste ore sembrerebbe avanzare l’ipotesi che l’Esecutivo intenda aggiungere all’elenco dei settori e delle attività da considerare essenziali nelle prossime due settimane per contenere e combattere il virus Covid-19, attività produttive di ogni genere. Se tali notizie fossero confermate – continua la nota – a difesa della salute dei lavoratori e di tutti i cittadini, Cgil, Cisl e Uil, sono pronte a proclamare in tutte le categorie d’impresa che non svolgono attività essenziali lo stato di mobilitazione e la conseguente richiesta del ricorso alla cassa integrazione, fino ad arrivare allo sciopero generale».

«Cgil Cisl e Uil invitano  – si legge – e sostengono le proprie categorie e le Rsu, appartenenti ai settori aggiunti nello schema del decreto che non rispondono alle caratteristiche di attività essenziali e, in ogni caso, in tutti quei luoghi di lavoro ove non ricorrano le condizioni di sicurezza definite nel Protocollo condiviso del 14 marzo 2020, a mettere in campo tutte le iniziative di lotta e di mobilitazione fino alla proclamazione dello sciopero».

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lunedì, 23 Marzo 2020 - 07:56
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