Ucciso per errore dalla mafia di Bari, l’Appello inasprisce la pena: ergastolo al boss che ordinò l’agguato

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Giuseppe Mizzi, vittima innocente della mafia pugliese

Uccidere «il primo che trovate». Uccidere il primo affiliato al clan rivale Strisciuglio. Fu questo l’ordine dato, nove anni fa, dal boss del clan Di Cosola attivo nella città di Bari. Ma quella direttiva provocò la morte di un innocente: il 16 marzo del 2011 Giuseppe Mizzi, 38 anni, venne ucciso mentre si trovava a pochi passi dalla sua abitazione nel rione Carbonara di Bara. I killer lo scambiarono per uno spacciatore.

Per la morte di Giuseppe Mizzi, il boss Antonio Battista si è visto confermare la pena dell’ergastolo come mandante del delitto. La sentenza è stata emessa dai giudici della Corte d’Assise di Appello di Bari: i giudici hanno riconosciuto anche l’aggravante della premeditazione oltre a quella dell’aggravante mafiosa. Il verdetto segna il quarto processo che Battista ha affrontato per l’omicidio di Giuseppe Mizzi. Condannato in primo alla pena dell’ergastolo (il processo si definì col rito abbreviato), nell’ottobre del 2018 Battista ottenne lo sconto di pena in Appello perché fu cancellata l’aggravante della premeditazione e si vide comminare 20 anni di reclusione.

Successivamente la Cassazione annullò il verdetto disponendo un nuovo processo che si è definito oggi con la conferma anche dell’aggravante della premeditazione. Già condannati in via definitiva i due esecutori materiali, Emanuele Fiorentino ed Edoardo Bove: Fiorentino deve scontare 20 anni mentre Beve deve scontare 13 anni e 4 mesi.

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lunedì, 8 Giugno 2020 - 17:20
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