Napoli, sequestrato ristorante di Posillipo con vista sul Golfo: in 7 accusati di bancarotta fraudolenta


La società madre titolare del famoso ristorante ‘Reginella’ in via Posillipo a Napoli sarebbe stata volutamente condotta al fallimento per evitare di pagare un debito tributario, accumulato nel tempo, pari a un milione e mezzo di euro. Non solo: i titolari dell’attività sarebbero riusciti comunque a conservare il timone del ristorante utilizzando una serie di società “filtro” intestate a prestanome compiacenti (l’ultima società è stata intestata al cuoco) che si sono avvicendati solo sulla carta nella gestione del ristorante (che affaccia sul Golfo di Napoli), e che avevano quale unico scopo la massimizzazione dei profitti e la sistematica sottrazione degli utili aziendali all’Erario.

E’ questo lo scenario dell’inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica di Napoli e condotta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli che è sfociata nella denuncia di 7 persone per bancarotta fraudolenta della ‘Reginella srl’ e nel sequestro del ristorante ‘Reginella’, nonché tutti i beni immobili e mobili delle società che lo hanno gestito. Il sequestro però non determina la chiusura del ristorante: l’attività passa adesso nelle mani di un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale che assicurerà la continuità aziendale e la tutela dei posti di lavoro.

Le indagini hanno preso il via all’indomani della dichiarazione di fallimento della società stabilita nel gennaio dello scorso anno dal Tribunale di Napoli. Le verifiche della Finanza si sono concentrate sull’aspetto contabile dell’azienda e si sono snodate attraverso acquisizioni documentali, audizioni di persone informate sui fatti e analisi dei files ritrovati negli apparati informatici. Ne è venuto fuori – come si legge in una nota stampa – che gli indagati «avrebbero utilizzato “intestatari fittizi” in modo da render più difficoltoso l’esercizio dell’azione penale o azioni di responsabilità in sede civile accumulando nel tempo un debito tributario pari a quasi 1,5 milioni di euro». «In buona sostanza – è la conclusione degli inquirenti e degli investigatori – l’esercizio dell’attività di ristorazione non avveniva ad opera della società che ne deteneva il complesso aziendale, ma attraverso quelle che, succedutesi nel tempo, ne divenivano solo formalmente affittuarie, in modo da sottrarre alla massa fallimentare i beni aziendali e il locale di via Posillipo».

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giovedì, 1 Ottobre 2020 - 10:56
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