Giustizia, l’Anm contro le nuove norme anti-Covid: estendere l’udienza da remoto. Critiche anche dai civilisti


Le nuove norme anti-Covid sul fronte giustizia contenute nel decreto legge numero 137 pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale non piacciono né all’Associazione nazionale magistrati né all’Unione nazionale delle Camere civili, mentre hanno trovato la benedizione delle Camere penali italiane che, in condivisione con dieci importanti procure, hanno di fatto indicato al ministro Bonafede la strada da seguire per evitare nuove drammatiche disfunzioni nella gestione della macchina della giustizia. 

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La Giunta esecutiva centrale dell’Anm, in particolare, contesta al legislatore di esserci concentrato sulle misure per le indagini preliminari e le udienze in camera di consiglio ma di avere tracciato « tutte le altre udienze penali, cioè le attività più a rischio di contagio, continuino a tenersi nei modi ordinari», dimostrando in questo modo «una visione disattenta e parziale». «La ripresa pressoché totale delle udienze, avvenuta nelle ultime settimane, attesa l’assoluta insufficienza dei presidi di sicurezza e dei distanziamenti possibili nei palazzi di giustizia, non può che aver determinato la moltiplicazione delle occasioni di contagio tra gli avvocati, il personale amministrativo, l’utenza e i magistrati», sottolinea l’Anm.

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La Giunta avrebbe voluto un’estensione dello strumento dell’udienza da remoto: «Non si comprende perché neppure attività meno complesse, come la lettura d’una sentenza di patteggiamento o una discussione di non particolare complessità, se non – magari in assenza di specifiche ragioni contrarie evidenziate dai difensori – l’ascolto d’un testimone, tanto più se proveniente da fuori regione, non possano mai tenersi in collegamento da remoto». Ecco perché invoca «correttivi urgenti al testo del decreto legge prevedendo un ampliamento dei processi penali suscettibili di trattazione a distanza ovvero la sospensione dei termini processuali almeno per alcune categorie di reati, per arrivare a un temporaneo sfoltimento dei ruoli di udienza per potere trattare in sicurezza i residui processi in aula». Per l’Anm senza questi correttivi si rischia «in tal modo al ritmo degli attuali contagi tra gli operatori del settore, prima ancora di un nuovo blocco totale della giustizia penale, che proprio una fondamentale attività pubblica venga svolta in contrasto con l’esigenza primaria di limitare la diffusione del contagio». 

Insoddisfatti anche i civilisti, che accusano il Governo di non avere accolto «le proposte volte a garantire la continuità della Giustizia civile e la sicurezza di molti operatori». Nel ‘dl Ristori’ – viene sottolineato in una nota dall’Unione nazionale delle Camere civili – «non sono previsti né l’obbligo per i giudici di scaglionare gli orari delle udienze celebrate in presenza, al fine di evitare assembramenti nei tribunali, ne’ la semplificazione del procedimento di trattazione scritta, che risulta assolutamente necessario per assicurare che i procedimenti possano continuare anche nel caso in cui i dipendenti degli uffici giudiziari lavorino in smart working». 

«Il senso delle nostre proposte era duplice, volto a garantire la sicurezza e la salute di tutti coloro che frequentano i tribunali, come dipendenti, giudici, avvocati, e al contempo impedire che la Giustizia civile sia costretta a fermarsi – commenta il presidente Antonio de Notaristefani – Purtroppo dobbiamo constatare che le richieste da noi avanzate non sono state prese in considerazione. Questo ci rammarica molto. Non è possibile che, in queste giornate in cui il numero dei contagi a livello nazionale è alto, gli avvocati debbano assembrarsi nei corridoi dei Tribunali perché le udienze non vengono celebrate a orari sfalsati. Allo stesso modo, è inaccettabile che non sia stato semplificato il procedimento di trattazione scritta, quando tutti sanno che i dipendenti degli uffici giudiziari che lavorano in smart working non hanno un’adeguata possibilità di accedere alla rete dei tribunali: il rischio di un nuovo blocco della Giustizia civile è altissimo. In gioco ci sono da una parte la salute di tutti coloro che frequentano abitualmente i tribunali per lavoro, dall’altra il diritto di tutti i cittadini a tutelare i propri diritti tramite il ricorso a una Giustizia che funzioni. Avevamo chiesto al Governo buon senso e capacità di organizzazione e previsione: non siamo stati ascoltati».

giovedì, 29 Ottobre 2020 - 17:39
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