Napoli, ingresso in tribunale e in procura solo con mail. I penalisti si spaccano e parte la petizione. Balice: «Misura colma»

Tribunale di Napoli
Il Tribunale di Napoli
di Manuela Galletta

Ingresso in Tribunale e in Procura a patto che esso sia stato comunicato, in tempi utili, via mail. E’ l’ultima novità, in tempo di Covid, che abbraccia il Palazzo di Giustizia di Napoli e che ha spaccato il fronte dell’avvocatura, in particolare quello dei penalisti. 

La modalità di regolamentazione degli accessi è stata decisa dalla procura generale e dalla presidenza della Corte d’Appello a seguito di un incontro, avvenuto lo scorso 16 novembre, con il presidente della Camera penale di Napoli Ermanno Carnevale e con il presidente del Consiglio dell’Ordine Antonio Tafuri che hanno dato il loro benestare, nonché con il presidente di Sorveglianza Adriana Pangia, il presidente del Tribunale Elisabetta Garzo e il procuratore Giovanni Melillo. Dell’applicazione del regolamento, che partirà da martedì 24 novembre, i penalisti sono venuti a conoscenza solo ieri sera. Ed è stato il caos. L’incredulità iniziale ha presto ceduto il posto alla rabbia e in poche ore ha gettato le basi per una sorta di ‘petizione’ con la quale si chiederà formalmente alla procura generale e alla presidenza della Corte d’Appello di fare un passo indietro e con la quale, di fatto, si stabilisce una rottura con la linea di comando della Camera penale, che è ormai in scadenza. 

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Ma andiamo con ordine, partendo dalle motivazioni alla base del nuovo protocollo: nella delibera si evidenzia la volontà di «facilitare la ricostruzione della catena dei contatti (contact-tracing) di casi sospetti o conclamati nell’edificio» e al tempo stesso la volontà di «evitare possibili rallentamenti in caso di esodo di emergenza». Tutto ciò – si rileva – alla luce del fatto che «la situazione epidemiologica è in costante evoluzione, considerato il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e l’incremento dei casi sul territorio nazionale» e che il report del ministero della Salute «aggiornato alla settimana 21-27 settembre concludeva che in Italia si osserva un progressivo peggioramento dell’epidemia».

Per questa ragione la procura generale e la Corte d’Appello hanno deciso di adottare un sistema in grado di monitorare avvocati, magistrati e personale delle forze dell’ordine non impegnato nei servizi di traduzione e scorta e soprattuto di riuscire a ricostruire la presenza contestuale in uno stesso posto di queste categorie professionali. Il protocollo infatti funziona così: occorrerà inviare «in tempo apprezzabile» una mail all’indirizzo peo accessopalazzodigiustizianapoli@giustizia.it con la quale si indaga «la volontà di accesso all’interno del Palazzo di Giustizia e dei luoghi di esso ove verrà svolta la rispettiva attività professionale o la funzione pubblica demandata nello specifico giorno di accesso». La mail dovrà essere esibita, o in forma cartacea o direttamente da cellulare, all’ingresso. Tutto chiaro, ma non per questo accettato serenamente. Benché il presidente del Coa Antonio Tafuri abbia diramato un avviso agli iscritti con il quale precisa che «la misura non comporta alcuna limitazione agli accessi e, quindi, all’attività forense e dei magistrati e che quindi consente la prosecuzione delle attività giudiziarie, senza che siano adottate misure drastiche di ulteriore restrizione e/o chiusure, conseguenti al decretato ingresso della Regione Campania in zona rossa», c’è una buona parte dei penalisti che è salito sulle barricate. Il malcontento dapprima è esploso sui social e sui gruppi social degli avvocati e poi si è tramutata in una iniziativa concreta di protesta che punta all’abolizione del regolamento. A metterla in campo è la formazione di avvocati, guidata da Gaetano Balice (segretario dimissionario della Camera penale), che a metà dicembre si presenterà alle elezioni (salvo rinvii del voto) per il rinnovo della Camera penale: domani e lunedì la ‘lista’ (di cui fanno parte Marialessandra Cangiano, Francesco Benetello, Raffaele Miele, Marcella Laura Angiulli, Alfonso Tatarano, Rosario Marino, Raffaele Monaco e Giuseppe Scarpa) raccoglieranno le firme per chiedere agli organi competenti un passo indietro.

«La misura è colma – commenta Balice, candidato presidente alla Camera penale – Il provvedimento incide sui già ridotti margini di operatività professionale, ma è anche tardivo ed ultroneo». Tardivo perché, prosegue Balice, «riferito alla situazione epidemiologica di settembre, quindi non attuale, e non tiene conto della ulteriore diminuzione degli  accessi dovuta alla istituzione della zona rossa». Ed ultroneo perché «nulla aggiunge in termini di sicurezza rispetto ai gravosi adempimenti che sono stati richiesti e accettati dagli avvocati per poter accedere agli uffici». Per Balice i soli provvedimenti utili in un momento storico che ha di fatto già svuotato i Tribunali, incluso quello di Napoli, sono quelli «dovranno richiamare i magistrati al rigoroso rispetto delle disposizioni che attengono allo svolgimento delle udienze. Infatti, la principale causa degli “assembramenti” è il mancato rispetto dell’orario di udienza,  in una con il fallimento delle “fasce d’udienza” e , più generalmente , dei cosiddetti “tavoli tecnici” , che spesso non trovano compiuta applicazione». Non solo: per il penalista si dovrebbe adeguare il sistema digitale che «viene presentato come risolutivo per ogni criticità» ma che nei fatti presenta tante di quelle falle che rappresenta esso stesso una criticità.

«I vari canali di comunicazione digitale recentemente attivati ( in cui si accavallano incessanti  aggiornamenti di indirizzi e di modalità di approccio che spingono alla resa anche il più determinato degli avvocati)  spesso vanno in default, per non parlare della loro inadeguatezza di progettazione imperniata sulle esigenze del personale amministrativo e non anche sulle esigenze degli avvocati – ricorda Balice – Le cancellerie non sono in grado, per motivi di inadeguatezza dei sistemi informatici o carenze organizzative, di fornire puntuali ed esaustive risposte che possano essere considerate almeno lontanamente equipollenti a ciò che si potrebbe fare  in presenza garantendo il rispetto della sicurezza». In conclusione per Balice è evidente che «la risoluzione dei problemi non può essere la emarginazione degli avvocati in labirinti digitali o in sacche di burocratismo». 

venerdì, 20 Novembre 2020 - 12:29
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