Ucciso per il posto auto occupato abusivamente, la figlia e la moglie: «Non abbiate paura, ribellatevi. Sono vigliacchi»

Maurizio Cerrato

Quella sedia? «La sposterei ancora», dice Maria Adriana Cerrato. «Non l’accettavo. A voi sembra giusto occupare un posto in modo illegale? Ho reagito? L’avrebbe fatto anche mio padre, lui questa cosa me la faceva sempre notare». Nei giorni del dolore, nei giorni la tragica morte del 61enne Maurizio Cerrato ha squassato la serenità di una famiglia perbene rendendo orfane due ragazze (una di 20 anni e l’altra appena di 7 anni), la moglie e la figlia più grande di Maurizio incontrano la stampa per cercare di scuotere le coscienze di chi, a Torre Annunziata come in qualsiasi realtà schiacciata dalla criminalità organizzata, subisce in silenzio prepotenze grandi e piccole.

«Quella sedia non l’ho accettata, – dice Maria Adriana – e non l’accettate nemmeno voi. Non buttiamo più una carta per terra solo perché il cestino è lontano. Pensate e reagite, altrimenti il cambiamento non ci sarà mai. Avete paura? Si supera. Io di paura non ne ho più. Lui non ha avuto paura. E non ce l’ho nemmeno io. A chi ha paura chiedo di reagire, di non temere, di parlare». Parole forti, fortissime. Che suonano come uno schiaffo in pieno viso a chi non solo non si ribella ma a quanti, dopo l’omicidio di Maurizio Cerrato, hanno voltato la testa dall’altra parte, perdendo ancora una volta l’occasione di schierarsi dalla parte della legalità, dalla parte di persone – in questo caso – che hanno pagato un prezzo altissimo per avere rivendicato un diritto loro e di tutti, ossia parcheggiare in strada ove consentito. Sì, perché la storia drammatica della morte di Maurizio Cerrato ruota tutta attorno a un parcheggio. Un posto auto costantemente occupato, in maniera abusiva e prepotente, da una sedia, quella che poi viene spostata da chi l’ha messa allo scopo di conservarsi lo stallo.

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Ebbene, lunedì 19 aprile Maria Adriana Cerrato quella sedia l’ha spostata. Perché doveva parcheggiare (in via IV Novembre) e perché non è scritto da alcuna parte che un cittadino può appropriarsi di un pezzo di strada negandolo agli altri. Solo che per via di quella legittima ribellione, Maria si è ritrovata una ruota dell’auto tagliata e quando il padre le ha dato una mano a sostituirla è scattata l’aggressione. Prima verbale, poi fisica. Cerrato, custode del parco archeologico di Pompei, ha inizialmente litigato con uno degli indagati al quale ha rotto gli occhiali, offrendosi, subito dopo di ricomprarglieli ma l’uomo per tutta risposta lo ha colpito con un crick, ferendolo e allontanandosi. Sembrava finita lì, invece è scattato l’agguato: quell’uomo è tornato, poco dopo, con altre tre persone per vendicarsi. E in un istante, mentre qualcuno teneva Maurizio fermo, un altro lo accoltellava. Una coltellata mortale. Una coltellata inferta da mani vigliacche, come senza remore ha tenuto a ‘urlare’ la moglie di Maurizio Cerrato dinanzi la procura della Repubblica di Torre Annunziata a poche ore di distanza dal fermo di quattro persone accusate di omicidio premeditato.

«Non sentiamo di dire a loro niente, non meritano le nostre parole, sono solo vigliacchi. Mio marito – è il commento di Tania Sorrentino – non l’avrebbero mai ammazzato se non fosse stato da solo. Ci volevano quattro di loro, ci volevano le armi». Poi anche Tania Sorrentino si rivolge alla collettività, alle persone perbene che però sono condizionate dalla paura: «Tutti sono in tempo per poter cambiare, per capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Torre Annunziata deve cambiare perché così non possiamo andiamo avanti».

venerdì, 23 Aprile 2021 - 13:25
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