Giustizia, ecco cosa cambia nei prossimi 3 anni e dal 2025: la riforma in pillole

aula tribunale

Dal primo gennaio 2025 i processi in appello potranno durare al massimo due anni, con una proroga al massimo di un anno; in Cassazione, la durata sarà di un anno con proroga di sei mesi. Se si tratta di reati di mafia non ci saranno limiti di proroghe; per reati con aggravante mafiosa sono previste al massimo due proroghe in appello della durata di un anno ciascuno e motivate e due proroghe in Cassazione di sei mesi ciascuna. Le nuove norme si applicheranno ai reati commessi dal primo gennaio 2020.

Questo l’impianto base della riforma del processo penale approvata all’unanimità ma non senza tensioni dal Consiglio dei Ministri. La riforma avrà una fase transitoria per consentire al sistema giustizia di adeguarsi che andrà dall’entrata in vigore, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, al 31 dicembre 2024; fino a quest’ultima data, i termini saranno più lunghi per tutti i processi, ovvero tre anni in appello, un anno e sei mesi in Cassazione con proroga di un anno in appello e di sei mesi in Cassazione. La proroga dovrà comunque essere sempre motivata dal giudice con ordinanza e sarà impugnabile in cassazione. Per i reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale, narcotraffico, non è prevista possibilità di proroga.

Una rivoluzione vera e propria, in linea con la giustizia europea, che determinerà un inevitabile scossone al lavoro degli uffici giudiziari che, per questo motivo, saranno ‘rinforzati’ con l’assunzione di 16500 laureati in legge che dovranno assistere i magistrati e 5mila impiegati per sfoltire la mole di lavoro nelle cancellerie.

La riforma in pillole: i processi per mafia
Per i processi per mafia il Consiglio dei Ministri ha previsto tempi più lunghi (6 anni in appello nella fase transitoria); dal 2025 i tempi scenderanno a massimo 5 anni. Proroghe della stessa durata varranno per i processi per altri reati gravi come terrorismo, scambio elettorale politico-mafioso, violenza sessuale, associazioni dedite allo spaccio di droga.

Il rinvio a giudizio
La riforma Cartabia prevede che per far scattare il rinvio a giudizio serva da parte del giudice una ragionevole previsione di condanna; al giudice per le indagini preliminari viene dato più controllo sulle indagini e, rifacendosi al principio di presunzione di non colpevolezza, non vi saranno effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo dopo la sola iscrizione nel registro degli indagati.

Le priorità
La riforma attribuisce ai titolari dell’azione penale l’indicazione delle priorità secondo criteri approvati dal Csm, al fine di evitare l’intasamento della giustizia con processi e indagini infiniti.

Le pene alternative
Al fine di evitare il sovraffollamento delle carceri la riforma prevede che per le condanne fino a 4 anni di reclusione il giudice possa optare per gli arresti domiciliari o la semilibertà con rientro serale in carcere, valutando caso per caso senza automatismi. Si spinge inoltre sulle misure alternative come la messa in prova; l’imputato per reati punibili fino a sei anni potrà chiedere di essere destinato a lavori socialmente utili non retribuito. Durante questa fase il processo è sospeso e, se non vi sono problemi, si arriva al proscioglimento per prescrizione.

Il Consiglio Superiore della Magistratura
Novità anche per il Csm, che si vuole divenga oggetto di un forte cambiamento; viene dunque proposto di mutare il sistema elettorale e rimaneggiare anche il funzionamento del Consiglio al fine di ottenere  «un esercizio del governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni».

La produttività dei tribunali
Verrà istituito un Osservatorio qualificato composto da un Comitato tecnico scientifico presso il Ministero della Giustizia che ogni anno riferisca sulla situazione dei Tribunali in merito allo smaltimento degli arretrati pendenti e alla durata dei processi. I risultati poi vengono trasmessi al Csm per le valutazioni conseguenti.

venerdì, 30 Luglio 2021 - 09:37
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