Mafia, 8 fermi per evitare un omicidio. L’intercettazione: «Lo scanniamo come un vitello». La vittima aveva criticato il capo

Polizia

C’era un omicidio da compiere. Un affiliato da ammazzare. Ché aveva messo in discussione l’autorità del capocosca. «Lo scanniamo come un vitello», disse qualcuno a proposito del piano assassino. Una frase emblematica che ha spinto la Direzione distrettuale antimafia di Palermo a intervenire con urgenza.

Questa mattina i carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito otto fermi nel clan di Bagheria, da sempre roccaforte di Cosa Nostra. Le accuse per le quali si è proceduto (a vario titolo) sono di associazione mafiosa e finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e vendita di armi clandestine, estorsione, lesioni aggravate, maltrattamenti, reati aggravati dalle modalità mafiose.

Tra i fermati vi è anche il boss Massimiliano Ficano, la cui autorità era stata messa in discussione da Fabio Tripoli. Tripoli, apparentemente estraneo al contesto mafioso, ubriaco e spesso intemperante, si era permesso di sfidare pubblicamente il capo mafia. Ficano avrebbe così incaricato alcuni affiliati di picchiare Tripoli. Un violento pestaggio che provoco’ alla vittima un trauma cranico e la frattura della mano. Nonostante l’aggressione Tripoli avrebbe tuttavia continuato a sfidare il capo mafia armandosi con una accetta e dicendo in giro di essere intenzionato a dare fuoco a un locale inaugurato dallo stesso Ficano. Un affronto che il boss decise di lavare con il sangue. Per cercare di costruirsi un alibi, dopo aver dato l’ordine di uccidere il “ribelle”, il boss si allontanò da Bagheria, anche per prepararsi alla fuga visto il pericolo di essere arrestato.

L’operazione, denominata ‘Persefone’ e seguita da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto, Salvatore De Luca, rappresenta l’esito di una complessa attività d’indagine sulla famiglia mafiosa di Bagheria, già colpita negli ultimi 15 anni dalle operazioni “Perseo” (2008), “Crash” (2009), “Argo” (2013), “Reset 1 e 2” (2014), “Panta rei” (2015), “Cupola 2.0” (2018/2019). I capi famiglia, nonostante il travagliato avvicendamento al vertice, si sono impegnati nel mantenere il controllo del territorio, imponendo la commissione di estorsioni e, soprattutto, assumendo la ferrea direzione delle piazze di spaccio di stupefacenti (nel cui ambito operano solo i soggetti autorizzati da Cosa nostra, tenuti a versare periodicamente una quota fissa dei profitti), ritenuta la principale fonte di profitto per le casse del sodalizio. Scelte operative frutto di una precisa strategia delineata del capomafia Massimo Ficano.

Quest’ultimo infatti, nel corso di una conversazione intercettata con un suo stretto collaboratore, affermava che in questo momento le attività più remunerative per la famiglia mafiosa di Bagheria erano costituite dalla gestione di centri scommesse e dal traffico di sostanze stupefacenti.

lunedì, 13 Settembre 2021 - 08:32
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