Interdittiva antimafia, respinto ricorso della Balestrieri: risolti 6 appalti dei rifiuti in Campania

di Gianmaria Roberti

Interdittiva antimafia, respinto il ricorso della Balestrieri Appalti S.r.l. contro Viminale e Prefettura di Napoli. La prima sezione del Tar Campania – presieduta da Vincenzo Salamone – ha rigettato anche il reclamo della ditta di Gragnano contro sei comuni campani, tra le province di Salerno e Caserta.

Le amministrazioni avevano risolto il contratto con la Balestrieri per l’appalto dell’igiene urbana. Le risoluzioni contrattuali erano seguite all’interdittiva, emessa il 19 maggio dell’anno scorso. La sentenza, inoltre, respinge la domanda risarcitoria proposta nei confronti del Comune di Recale. Il tribunale condanna la società ricorrente a pagare le spese di giudizio – nella misura di 2.000 euro per ciascuna parte resistente – in favore di Ministero dell’Interno e Ufficio Territoriale del Governo di Napoli; dei Comuni di Ravello, Corbara, Santa Maria Capua Vetere, San Marco Evangelista, Casal di Principe (assistito dall’avvocato Laura Fasulo), Recale, nonché delle società Igiene Urbana Evolution S.r.l., Servizi Italia S.r.l. e Di Nardi Holding Industriale S.p.A.

«L’elemento preponderante individuato dalla Prefettura – riassume la pronuncia del Tar Campania – concerne il socio al 50%, amministratore della Società, ed il figlio (possessore del 95% delle quote dell’altra Società detentrice del restante capitale), che quali amministratore e direttore tecnico della Tekra s.r.l. sono stati rinviati a giudizio, nell’ambito del procedimento penale n.1376/2016 promosso dalla Procura della Repubblica di Gela, per i reati in concorso di (…) turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture e corruzione».

Secondo il tribunale amministrativo «l’interdittiva (…) si mostra sorretta da un adeguato quadro istruttorio e da una appropriata valutazione degli elementi complessivamente raccolti, facendone legittimamente discendere il rischio di contaminazione criminale nell’attività della Società ricorrente. Il provvedimento (…) si mostra aderente ai canoni che, come ripetutamente espressi dalla giurisprudenza, ne sorreggono l’adozione, ai quali si è conformata la Prefettura».

I giudici rammentano: «La valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa non richiede la prova di un fatto ma la presenza di una serie di indizi tra loro coerenti, univoci e concordanti, (…) in base ai quali non sia illogico né inattendibile dedurre la sussistenza di un collegamento tra le imprese e le organizzazioni mafiose ovvero un condizionamento da parte di queste ultime, rilevando il complesso degli elementi emersi nel corso del procedimento e non la visione “parcellizzata” di ciascuno di essi; al sistema delle informative antimafia è estranea qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio, né occorre l’accertamento di responsabilità penali». Oltre a ciò, «il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del “più probabile che non”, secondo una regola di giudizio che può essere integrata da dati di comune esperienza evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, tra cui anche quello mafioso».

Per il Tar Campania «rilevano i rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori dell’impresa e familiari che siano affiliati, organici o contigui alle associazioni mafiose (qualora l’intensità di tali rapporti lasci ritenere che l’impresa possa essere influenzata dall’organizzazione criminale, anche indirettamente), nonché le vicende anomale nella struttura dell’impresa o le cointeressenze economiche o associative con altre imprese ritenute esposte al rischio di influenza criminale».

In ultimo, «i fatti posti a fondamento dell’interdittiva possono anche essere risalenti nel tempo, qualora compongano un quadro indiziario complessivo che renda attendibile la prognosi di persistente condizionamento da parte della criminalità organizzata». La Balestrieri contestava i presupposti per l’adozione dell’interdittiva, ed anche l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

«L’elencazione di fatti e accadimenti datati, episodici e non connessi tra loro non può fornire – sosteneva il ricorso della società – una prognosi attendibile di permeabilità dell’impresa ai tentativi di ingerenza della criminalità organizzata; quanto al rinvio a giudizio per il delitto di turbata libertà degli incanti (…), occorreva verificarne con adeguata motivazione il carattere di attualità e l’idoneità a denotare un possibile tentativo di infiltrazione mafiosa, anche tenuto conto che esso è riferito ad altra Società con un diverso legale rappresentante». Il Tar, però, non ha condiviso le argomentazioni della ditta. Alla Balestrieri, ora, resta l’eventuale ricorso al Consiglio di Stato.

giovedì, 31 Marzo 2022 - 20:55
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