Annuncia il suicidio su Fb, poi si uccide nel negozio dove lavora: il dolore di Paolo dopo l’apertura di una vineria sotto casa

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Il 61enne Paolo Trimarchi, si è tolto la vita dopo averlo annunciato su Fb
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In quel lungo post affidato a Facebook c’è tutto il peso di una vita faticosa e dell’amarezza per diverse ingiustizie subite che ti scavano dentro fino a bucarti l’anima. Lo stipendio che non arriva puntuale a fine mese benché si rispetti il lavoro e si svolga pure qualche turno extra, poi l’apertura di una vineria sotto casa che turba le ore di riposo perché la clientela disturba sino alle 3 di notte con schiamazzi, urla.

Paolo Trimarchi, 61 anni e dipendente di un negozio di abbigliamento in un noto centro commerciale dell’area nolana, si è tolto la vita sabato scorso nel magazzino dell’attività commerciale dove era impiegato. Il suo corpo l’ha scoperto una collega, alla quale Paolo aveva inviato poco prima un messaggio raccomandandole di non entrare perché si sarebbe imbattuta in una ‘scena’ che non avrebbe dovuto vedere. Una scena che Paolo aveva annunciato in un post sulla propria pagina Facebook, poi cancellato. «Ho preso una decisione molto importante che farà sicuramente soffrire i miei fratelli, i miei figli e mia moglie», ha esordito. E quindi ha spiegato le ragioni di un malessere che si è insinuato in lui finendo con lo stritolare. E’ accaduto tutto a causa dell’apertura, nel 2018, di una vineria sotto casa.

«Non riusciamo più a dormire. Si creano grossi gruppi di ragazzi che bevono e fumano cannabis, creando schiamazzi (…) Io e la mia famiglia viviamo con stati di continua ansia ogni volta che entriamo e usciamo di casa», ha spiegato. Ne sono seguite denunce, segnalazioni ma a sentire Paolo le istituzioni sono rimaste indifferenti alle sue richieste di aiuti. Lui e la moglie hanno intrapreso un contenzioso legale con il titolare della vineria e ai problemi di vivibilità si sono aggiunti quelli economici, che – ha raccontato Paolo – l’hanno ulteriormente provato. Nel post sfogo, il 61enne ha parlato di ritardi nel pagamento degli stipendi dei quali non s’era mai lamentato per conservare il lavoro, ma dovendo saldare l’avvocato che lo seguiva aveva fatto presente ai titolari la necessità di essere pagato per tempo. Da qua in poi Paolo ha percepito un cambio di atteggiamento nei suoi confronti, arrivando a temere di essere addirittura licenziato.

Una situazione che ha finito con lo spezzare un uomo già piegato. «Con il mio gesto estremo vorrei fare capire a tutti che non si può vivere in questo modo. Preferisco farla finita anziché commettere atti che potrebbero compromettere la vita dei miei cari. Io non voglio andare in carcere, preferisco così». Una decisione dolorosa, quella di Paolo. Una decisione per la quale moglie e figlia gridano giustizia. Le due donne lamentano un’indifferenza delle istituzioni e della cittadinanza. «Mio marito è morto x colpa che non ha avuto nessun appoggio dalle autorità competenti, non siamo stati tutelati – scrive la moglie – Lui voleva essere aiutato e tutelato vi rimarrà sulla coscienza a tutti. Ora i miei figli sono rimasti senza il loro adorato papà e io senza un marito. Vergognatevi tutti prima si stava bene qui ad Afragola ora non più c’è troppo marciume».

lunedì, 14 Agosto 2023 - 09:39
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