Proiettili esplosi a Capodanno, rabbia della vedova Veropalumbo: «Mio marito subito dimenticato, manca sensibilizzazione»

di Giorgio Pari

Due pallottole, un flashback. Stanotte, durante i botti di San Silvestro, una donna ammazzata ad Afragola, in provincia, un’altra ferita a Forcella. «Quando è successa questa cosa mi è sembrato di rivivere quella situazione» dice Carmela Sermino, vedova di Giuseppe Veropalumbo. Per lei è un salto a 16 anni fa. Erano le ultime ore del 31 dicembre 2017 a Torre Annunziata. Giuseppe era un ragazzo di 30 anni, lavorava come carrozziere. Aveva una moglie e una figlia di 16 mesi. Con una ventina di amici e familiari aspettava la mezzanotte nel suo appartamento, al nono piano di uno stabile di corso Vittorio Emanuele. Un proiettile vagante lo uccise. L’assassino non si è mai trovato. «Io ricordo tutto di quella sera, fin nei minimi particolari» racconta Carmela. Anche ieri, come sempre, ha voluto trascorrere il Capodanno da sola. Troppi ricordi, un dolore che si ravviva.

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E a farle rivivere quei tragici momenti, il ritorno dei proiettili, con altre vittime. Accadde anche 12 mesi dopo l’omicidio Veropalumbo. A Napoli, ai Quartieri Spagnoli, un colpo di pistola freddò il 25enne Nicola Sarpa, affacciato al balcone per i festeggiamenti. Capodanno e follia, spari senza ragione. Ma c’è chi si ribella. «Se la storia di mio marito – afferma Carmela – fosse stata ricordata attraverso le scuole, le associazioni, che fanno tanta memoria, tanto per l’anticamorra, forse si sarebbe sensibilizzato un po’». Il lutto non ha annientato Carmela, ma ne ha fatto una paladina della legalità. Ha fondato un’associazione intitolata a Giuseppe, vittima della criminalità. La voglia di cambiare le cose è ancora tanta. Ma va raccolta da tutti gli altri. «Non dico tutto l’anno, ma se nel periodo di dicembre iniziassero a parlare di Peppe, a raccontare quello che può capitare…».

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Carmela lancia un appello appello a scuole e associazioni, «per fare un grandissimo lavoro». Partendo da vicende come la sua. «Si inizierebbe a capire, e qualcuno potrebbe ravvedersi, evitando di festeggiare in questo modo». L’imperativo preme, più che mai: «Dobbiamo lottare contro questo costume, e sensibilizzare la gente. Se ci fossero pene severe per i responsabili, ci penserebbero 2-3 volte prima di farlo». La forza di impegnarsi c’è, ma il problema va compreso, una volta per tutte. «Fa ancora più rabbia – spiega Carmela – sentir dire che a Napoli si usa così, che si sa: il 31 dicembre si spara con le armi. Ma perché? Queste morti così assurde vengono giustificate dall’ignoranza». E allora bisogna ripartire dalle scuole, dai giovani. Ma insieme all’impegno pubblico, riemerge un dolore privato. «Mi metto nei panni della famiglia della vittima, che si è trovata un morto in casa inaspettatamente – ragiona Carmela -. In questo momento si stanno chiedendo perché». Ed ecco il secondo appello: «Non li conosco ma sto vivendo la loro rabbia e il loro dolore. Li vorrei incontrare, magari con calma».

martedì, 2 Gennaio 2024 - 08:00
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