I pirati del ‘dark web’ nel ventre di Napoli
I siti dove si compra pure l’identità

di Andrea Terracciano

Da oggi i pirati del dark web, coloro che si muovono sulle rotte non tracciate dai motori di ricerca, sono meno sconosciuti. Uno squarcio su questo mondo oscuro anche ai navigatori incallitti, è stato aperto grazie al lavoro di indagine del nucleo speciale frodi tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma, coordinato dalla Procura della Repubblica di Brescia.  Le fiamme gialle hanno effettuato a Napoli cinque perquisizioni, notificando tre misure cautelari. Molteplici i reati contestati e inquadrati nell’ambito di una legislazione che sta provando ad adeguarsi anche ai cyber-delitti ed alle novità che essi comportano nelle aule di giustizia: le accuse sono di falsificazione di banconote e di metalli preziosi, utilizzo di carte di credito e sim telefoniche clonate, vendita di documenti falsi, accesso abusivo a sistema informatico e riciclaggio. L’attività di indagine ha preso il via proprio analizzando l’offerta di documenti di identità falsi messi in vendita sulle piattaforme internet del dark web. Si tratta di una risorsa informatica accessibile solo utilizzando browser che consentono di navigare in rete in completo anonimato. File, documenti e quant’altro presenti nel dark web non sono indicizzati e quindi non si può trovare nulla accedendo dai comuni motori di ricerca. L’obiettivo supremo è quello di garantire l’anonimato al punto che neanche il dominio viene registrato per non esere individuabile. I pirati neri del web, per nascondere i dati, fanno rimbalzare la connessione tra server di Stati diversi. Ogni nodo trasforma ciò che arriva, rendendo di fatto impossibile  rintracciare la sua reale origine. Ad ogni passaggio i dati infatti vengono criptati. Un web parallelo che pur con codici e anominato, ricalca i modelli del mondo in superficie. Il tutto grazie ai black market, dove si può reperire e acquistare ogni categoria di merce (quasi sempre illegale) nel totale anonimato, nei marketplace del dark web. L’accesso non è libero ma ristretto agli utenti accreditati; i siti sono suddivisi in sezioni classificate in base alla tipologia dei prodotti da acquistare. In questi black market è possibile comprare qualche grammo di cocaina oppure una carta di credito compresa di credenziali fino a documenti di identità e armi. Proprio dall’analisi degli annunci di vendita presenti sui vari black market gli investigatori sono riusciti ad ottenere le prime indicazioni che hano consentito di arrivare alla reale identità. Attraverso mirate analisi tecniche delle poche informazioni presenti nel dark web è stato possibile ricavare alcuni indizi che sono stati poi isolati. Questi scarni dati sono stait associati ad altre informazioni rintracciate nel mondo del web come lo conosciamo noi con applicazioni e siti tracciabili.  Dal virtuale illegale al virtuale lecito e da questo poi al mondo reale. Il punto di contatto tra queste sfere era a Napoli dove operavano il capo dell’organizzazione e due complici. I tre maghi del web vivevano nei quartieri popolari ed erano dediti alla compravendita di banconote false e oro contraffatto, oltre ad utilizzare i proventi dell’utilizzo di carte di credito e Sim telefoniche clonate per acquistare beni da rivendere poi sul mercato reale. Stando a quanto emerso le carte di credito clonate appartenevano per lo più ad ignari cittadini spagnoli e tedeschi i cui codici di accesso erano oggetto di scambio proprio sui Black Market del dark web. I guadagni così ottenuti fruttavano migliaia di euro mensili. L’organizzatore del traffico illecito era conosciuto in rete con il ‘nickname’ di Benz99 ed era riuscito a guadagnarsi la stima di diversi compratori per la qualità degli articoli posti in vendita on-line. Gli investigatori del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma hanno quindi ricostruito l’intero sodalizio criminale e su disposizione del gip del tribunale di Brescia, hanno eseguito tre misure cautelari consistenti rispettivamente in una ordinanza di custodia in carcere, una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari e un obbligo di firma. Effettuate perquisizioni domiciliari e locali nel corso delle quali  sono stati rinvenuti computer e smartphone che saranno analizzati secondo le tecniche della ‘Digital Forensics’.Il sospetto, in attesa delle risultanze degli specialisti, è che quanto emerso sia solo la punta di un iceberg nero e pericoloso.

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sabato, 26 Maggio 2018 - 11:28
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