Strage in Tribunale a Reggio Emilia, Stato condannato: un milione e mezzo ai parenti delle vittime | La storia

di Serena Finozzi

Era il 17 ottobre del 2007, il 40enne albanese Clarim Fejzo si presentò i tribunale, a Reggio Emilia e, durante la sua udienza di separazione, sparò, uccidendoli, alla moglie Vjosa Demcolli e al cognato Arjan Demcolli che stava tentando di disarmarlo. L’uomo colpì di striscio anche l’avvocato della moglie, Giovanna Fava, e fu poi ucciso da due agenti che riuscirono a bloccarlo dopo esser stati feriti. Oggi, ad undici anni da quella che è passata alla storia come la strage del tribunale di Reggio Emilia, si chiude il cerchio del processo che riconosce colpevole di omissioni di sicurezza il Ministero della Giustizia e condanna lo Stato al pagamento di un milione e mezzo di euro come risarcimento ai familiari delle vittime. Lo ha stabilito la Cassazione che ha rigettato il ricorso dell’Avvocatura dello Stato dopo l’Appello che aveva confermato la sentenza civile di primo grado. Diminuita, però, la cifra da corrispondere ai parenti di Vjosa e Arjan Demcolli perché la cifra (un milione e 650mila euro) stabilita in primo grado superava i massimi tabellari previsti. Quella mattina di 11 anni fa, Fejzo, carpentiere, varcò l’ingresso del tribunale con un arma addosso senza che nessuno se ne accorgesse. Era il giorno dell’udienza per la sua separazione dalla moglie. Un procedimento in seguito al quale, probabilmente, l’uomo temeva di perdere l’affidamento delle figlie di 16 e 12 anni, pure presenti nell’aula al momento della strage. I testimoni parlarono di una «scena allucinante» e di decine di colpi esplosi dall’uomo. Per prima sparò alla moglie, morta in ospedale dopo aver subito un intervento al torace d’urgenza. Poi toccò al fratello di lei, morto in quell’aula di tribunale. Un altro proiettile colpì il legale di Vjosa Demcolli, un altro ancora un poliziotto che tentò di bloccare la furia dell’uomo. Nella sparatoria rimase ferito anche un altro agente che in quel momento stava accompagnando un imputato ad un processo per direttissima. La separazione dei coniugi di Durazzo, in Italia da anni, era ‘figlia’ di una storia coniugale fatta di violenze, tant’è che la donna, 37 anni, era ospite da un anno di un centro di assistenza per donne maltrattate di cui l’avvocato Fava era un dirigente. Oggi, a distanza di 11 anni da quella strage, il cerchio si è finalmente chiuso, lo Stato dovrà pagare. Il risarcimento dovrà essere corrisposto a Florentina Demcolli, vedova di Arjan e alle tre figlie rimaste orfane di padre quando avevano 7, 4 e appena 2 anni. Il pagamento, inoltre, dovrà avvenire entro 15 giorni oltre i quali si procederà con un pignoramento. Soddisfazione nelle parole del legale della vedova Demcolli, Cristina Cataliotti, che ha espresso «l’auspicio che a fronte di una pronuncia ormai definitiva, il Ministero della Giustizia faccia fronte ai propri obblighi risarcitori a favore dei parenti di una delle vittime. Mi auguro, altresì – ha aggiunto il legale –  che fatti di una tale gravità non abbiano a ripetersi nell’ambito di un Tribunale che, per vocazione, dovrebbe essere un luogo sicuro ove si domanda e si ottiene giustizia». Una giustizia che, seppur dopo 11 anni, è arrivata: Florentina Demcolli ha dovuto crescere da sola le tre figlie senza alcuna poter contare su alcuna forma di risarcimento dal momento che, dopo il ricorso in Appello, il Ministero aveva chiesto ottenuto la sospensione dell’esecutività della sentenza.

—>> Leggi anche:
L’inferno di fuoco in Tangenziale a Bologna, Allianz pagherà i danni: già arrivare 273 richieste di risarcimento
– L’inchiesta sull’omicidio di Manuela Bailo, l’autopsia smentisce l’assassino: la donna non è morta per una caduta, le hanno reciso la carotide. La donna era del Bresciano

lunedì, 27 Agosto 2018 - 14:13
© RIPRODUZIONE RISERVATA