Il mercato dell’assegnazione delle case popolari, graduatorie truccate in cambio di voti e sesso: 3 politici ai domiciliari

Guardia di Finanza
di Manuela Galletta

L’assegnazione degli alloggi popolari usata come mercato di voti. Voti elettorali. Usata da politici locali come trampolino di lancio nel panorama politico. Possibilmente nazionale. La formula era semplice: promettere una casa a chi non era collocato in graduatoria in posizione utile, assegnarla con qualche trucchetto e dunque a discapito di chi ne aveva diritto, incassare – come ricompensa – il maggior numero di consensi alle urne e poi andare a spendere la propria forza sul territorio per rivendicare ruoli e poltrone. Ma non solo: perché sulla disperazione e sul bisogno di persone in difficoltà, ché nelle case popolare ci vivono quelli meno fortunati, c’è chi avrebbe lucrato per scopi ancora più beceri, quale il proprio appagamento sessuale.
L’inchiesta che ieri mattina ha scosso il mondo della politico di Lecce e ringalluzzito i Cinque Stelle sulla necessità di misure più stringenti circa i fenomeni di corruzione restituisce scenari disarmanti. Certo, allo stato si tratta di ipotesi accusatorie, quindi tutte da provare in sede processuale. Ma è un dato che quelle che ipotesi abbiano spalancato le porte del carcere a due persone, mentre altri cinque indagati sono stati sottoposti ai domiciliari e due sospettati se la sono cavata con un obbligo di dimora. Sono dunque sette le posizioni ritenute più ‘gravate’ da indizi a parere del giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo che ha emesso i provvedimenti restrittivi. Altre 34 persone sono invece indagate a piede libero: tra queste ci sono cinque dipendenti comunali, in servizio presso l’ufficio casa e ufficio patrimonio, per i quali è stata chiesta l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Una lunga sfilza di nomi e cognomi dai quali emerge un dato che non va sottovalutato: alla tavola dell’assegnazione delle case popolari in cambio di voti pare che ci mangiassero i politici di diversi partiti, a confermare che l’arrivismo è cosa trasversale. Luca Pasqualini, uno dei tre consiglieri comunali arrestati ieri dalla Guardia di Finanza (è ai domiciliari), è oggi in quota Lega, quel partito che, insieme ai grillini, tuona contro la corruzione nel mondo della pubblica amministrazione e della politica. La procura gli contesta di aver agevolato l’assegnazione di un alloggio popolare al quartiere Stadio ad una donna (sposata) che, per ottenerlo, si sarebbe ‘concessa’ al politico in due occasioni. I rapporti si sarebbero consumati nell’ufficio di Pasqualini, come specifica il gip, in due occasioni, a giugno e a novembre del 2014. Se le accuse siano vere oppure no, si vedrà col tempo. Certo è che Luca Pasqualini – in passato ex assessore alla Mobilità e addetto all’Ufficio casa del Comune – è uno al quale fa difetto la coerenza ma soprattuto una seria ideologia politica: prima di saltare sul carro della Lega, era infatti un ‘martiniano’ di ferro. Ossia era un uomo del Pd. Un altro leghista al centro dell’inchiesta è il senatore leccese Roberto Marti, indagato a piede libero per abuso d’ufficio e falso ideologico. Dal 2004 al 2010, Marti è stato assessore a Lecce ai Servizi sociali, ai progetti mirati e alle pari opportunità. Se, dunque, in questa storia il Carroccio ne esce appannato nell’immagine, il Partito Democratico non è tuttavia nelle condizioni di fare la voce del leone: il consigliere comunale del Pd Antonio Torricelli (che è stato assessore nella giunta Perrone) è finito agli arresti domiciliari. Qualche problema di etica lo si riscontra anche in ‘Noi con l’Italia’, il partitino messo in piedi dall’ex berlusconiano Raffaele Fitto e presentato, alle vigilia delle Politiche, come la quarta gamba (rivelatasi inesistente) del centrodestra: ai domiciliari è stato sottoposto anche Attilio Monosi, che a Lecce era stato sponsorizzato proprio da Fitto.
A dare la stura all’indagine fu la denuncia sporta nel 2013 da un cittadino, che due anni più tardi ha subito una vile aggressione oggi contestata a Umberto Nicoletti e Nicola Pinto, soggetti ritenuti legati alla malavita organizzata e finiti in carcere per effetto dell’inchiesta. Le intercettazioni hanno poi consentito agli inquirenti di focalizzarsi sulle figure di Monica Durante e Monia Gaetani, entrambe leccesi e entrambi sottoposti all’obbligo di dimora: secondo le accuse avrebbero svolto il ruolo di “collettore elettorale”. Avrebbero cioè messo in contatto gli abitanti della zona 167 della città, considerata l’epicentro del voto di scambio, con gli interessati ad ottenere i voti elettorali. Dalle intercettazioni telefoniche e dai capi di imputazione che compaiono nella corposa ordinanza, ci sono anche nomi di vari big della politica locale e nazionale, ma il loro coinvolgimento nel mercato illecito dello scambio di voti in cambio di alloggi popolari è stato escluso dagli investigatori. Le indagini a loro carico non hanno prodotto alcun elemento che ne attestasse il coinvolgimento. Ciò che invece per la procura pare accertato è l’assegnazione indebita di alloggi di edilizia residenziale pubblica in favore di persone non collocate in graduatoria in posizione utile, l’occupazione abusiva di alloggi resisi disponibili per l’assegnazione nonché l’accesso illegittimo a forme di sanatoria di cui alla legge regionale 10 del 2014 concesse in assenza dei requisiti richiesti.

sabato, 8 Settembre 2018 - 08:28
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