Omicidio D’Andò, colpo di scena in aula Confessano 4 uomini del clan Pagano:
«Vi diciamo dove è sepolto il corpo»

Tribunale Giustizia
di Manuela Galletta

Il colpo di scena sull’omicidio di Antonino D’Andò, vittima di lupara bianca nell’ambito della guerra intestina scoppiata tra gli Amato e i Pagano, arriva di prima mattina nell’aula 217 del Tribunale di Napoli. Arriva in occasione dell’apertura del processo con rito abbreviato che vede sul banco degli imputati cinque nomi di spicco della cosca degli scissionisti dei Di Lauro, a cominciare dal boss (detenuto in regime di 41bis) Mario Riccio. Quattro imputati hanno ammesso in aula gli addebiti (confermando il contenuto di un memoriale che è stato depositato) ed hanno spiegato di essere in grado di consentire alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli di ritrovare il corpo di Antonino D’Andò. «Possiamo farvi trovare il corpo, è in una zona di campagna», è in sintesi il contenuto della dichiarazione che porta la voce di Emanuele Baiano, Mario Ferraiuolo, Giosuè Belgiorno e Ciro Scognamiglio. Furono loro ad occuparsi della sparizione del cadavere e per questo oggi sono nelle condizioni di far recuperare il corpo.

Mario Riccio (attualmente detenuto in 41bis e ieri collegato in video-conferenza) non è invece in possesso di questo dato perché il suo ruolo è stato esclusivamente quello di avere ordinato l’agguato. Alla luce delle dichiarazioni rese dagli imputati, il giudice per le indagini preliminari della 26esima sezione del Tribunale di Napoli ha disposto un lungo rinvio al 24 maggio: in questi due mesi i pubblici ministeri antimafia Vincenza Marra e Maurizio De Marco (titolari delle inchieste sugli Amato-Pagano) dovranno predisporre il sopralluogo e le operazioni finalizzate al recupero del cadavere. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Raffaele Chiummariello, Domenico Dello Iacono, Luigi Senese, Autiero. Nel processo si sono costituiti parte civile i familiari di D’Andò.

D’Andò venne ammazzato il 2 febbraio del 2011. Erano i mesi della lotta interna agli Amato-Pagano, erano i mesi della contrapposizione tra il ramo degli Amato e quello dei Pagano. Una guerra scoppiata per via della gestione degli affari del clan all’epoca affidata a Mario Riccio, genero del boss detenuto Cesare Pagano: Riccio, approfittando dell’assenza di un esponente di vertice degli Amato che bilanciasse il suo potere, ridusse gli Amato al rango di meri affiliati, innescando così una tensione tra le due famiglie che determinò anche degli omicidi. D’Andò, fedelissimo degli Amato, venne ucciso proprio perché era uno di quelli che aveva messo in discussione la leadership di Ricci. Fu attirato in trappola in uno dei covi del clan e lì ucciso. (Approfondimenti sulla vicenda saranno disponibili nell’edizione di domani del ‘quotidiano digital’ di Giustizia News24, il giornale che si legge da pc, tablet e cellulare – non c’è versione cartacea -. Per abbonarsi basta accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’. Tutti i giorni nel quotidiano digital sono disponibili approfondimenti sui processi che riguardano Napoli e la provincia, si tratta di notizie inedite che non sono invece disponibili sul sito)

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venerdì, 22 Marzo 2019 - 12:53
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