Negli anni della latitanza del boss Michele Zagaria, ovvero precedenti al 2011, sarebbero stati organizzati incontri riservati nei locali di una catena di pasticcerie, la Butterfly, fondata a Casapesenna (Caserta) anche con il finanziamento del noto esponente del Casalesi. Lo dichiarano alcuni pentiti negli atti di una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia sfociata, stamane, in due arresti a carico di Pasquale Fontana, 47 anni e Giuseppe Santoro, 51 anni, quest’ultimo già detenuto nel carcere di Secondigliano (Napoli).
L’operazione è stata eseguita dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Caserta, coordinata dalla Dda partenopea e condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia di Bologna e Firenze. L’accusa parla di «partecipazione attiva del ‘clan dei Casalesi’, e in particolare della fazione Zagaria, in importanti settori dell’imprenditoria, e in particolare, nella collocazione sul territorio nazionale di pasticcerie, rivelando sia il tentativo di infiltrazione nel tessuto economico-sociale dell’Emilia Romagna da parte di imprese nate e operanti in territorio campano, sia l’intestazione fittizia delle stesse a soggetti ritenuti gravitanti nell’orbita del predetto aggregato camorristico».
Nell’inchiesta sono indagate altre otto persone con l’accusa di interposizione fittizia, infatti si è anche proceduto al sequestro di quote societarie, conti correnti ed autovetture riferibili agli indagati. Le persone coinvolte – secondo gli inquirenti – organizzavano incontri riservati con Michele Zagaria e con altri affiliati al fine di pianificare le attività del clan. Santoro, oltre ad ospitare Zagaria nella propria abitazione e in quella di suoi stretti familiari, avrebbe invece messo a disposizione di diversi affiliati il locale pasticceria ‘Butterfly’ di Casapesenna per la consegna di ‘pizzini’ da destinare al capo clan durante la sua latitanza. Santoro, grazie a Zagaria, avrebbe così esteso l’attività commerciale della Butterfly Srl aprendo vari punti vendita sul territorio campano e napoletano, presso i quali venivano, poi, assunti diversi parenti di affiliati al clan, al fine di procurare loro un lavoro apparentemente lecito.
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martedì, 9 Aprile 2019 - 14:16
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