Lo stupratore non risarcisce la vittima, la Cassazione: «Deve pagare lo Stato»

Abusi

Se un imputato per stupro, riconosciuto colpevole, non è in grado di assolvere al risarcimento danni cui è stato condannato, sarà lo Stato a doversi fare carico della liquidazione in favore della vittima. Applicando l’orientamento tracciato lo scorso luglio dalla Corte di giustizia Ue, i giudici della terza sezione civile della Corte di Cassazione hanno riconosciuto il diritto al risarcimento da parte dello Stato italiano in favore di una donna, vittima di violenza sessuale nel 2005, che non era riuscita ad ottenere il risarcimento dai suoi aggressori, due cittadini rumeni, perché questi ultimi si erano resi latitanti mentre si trovavano agli arresti domiciliari ed erano stati condannati in primo e in secondo grado di giudizio, con una pena definitiva di dieci anni e mezzo di reclusione ciascuno.

Non solo: nella sentenza la Cassazione rileva anche che l’Italia ha dato  attuazione con ritardo e ‘al ribasso’ alla direttiva comunitaria 2004/80 che impone agli Stati di corrispondere un indennizzo congruo alle vittime di reati violenti e intenzionali che non sono stati ‘ristorati’ dagli autori degli abusi. L’Italia avrebbe dovuto introdurre entro il 2005 «un sistema generalizzato di tutela indennitaria idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro, in favore delle vittime di tutti i reati violenti e intenzionali (compresa la violenza sessuale)», nel caso in cui queste «siano impossibilitate a conseguire dai diretti responsabili il risarcimento integrale dei danni subiti».

La pronuncia della Cassazione arriva a seguito di un giudizio promosso dalla donna vittima dello stupro, che nel 2009 decise di citare la presidenza del Consiglio dei ministri. Ad assisterla gli avvocati Marco Bona, Francesco Bracciani e Stefano Commodo. Il tribunale prima e la Corte d’appello di Torino avevano disposto quindi un risarcimento in favore della donna, quantificato in 90mila euro in primo grado e ridotto a 50mila in secondo. La presidenza del Consiglio, dunque, aveva impugnato in Cassazione la sentenza d’appello, pronunciata nel gennaio 2012: i giudici di piazza Cavour, alla luce anche della giurisprudenza sul punto della Corte di Giustizia europea, hanno depositato oggi la loro decisione, disponendo nei confronti della donna un risarcimento di 30mila euro, detraendo dalla somma stabilita in appello quella dell’indennizzo ‘ex lege’ che è stato erogato a suo favore nello scorso luglio. 

«E’ una sentenza molto tecnica ma importante», sottolineano gli ‘ermellini’. «Il reato violento non è solo un torto fatto alla società ma è la violazione dei diritti umani delle vittime che devono ottenere anche una riparazione, un risarcimento del danno, e la nostra società democratica deve avere un approccio solidaristico su questo tema», spiega l’avvocatessa Maria Franca Mina del Forum delle giuriste, consigliera delle Pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Torino che proprio su questa vicenda aveva sollecitato, con memorie difensive, la Corte Ue. «Il verdetto di Lussemburgo al quale ora si è adeguata la Cassazione è molto importante perché ha indicato anche che la misura del risarcimento non può essere solo di importo simbolico, come inizialmente fissato dalle tabelle italiane di ‘liquidazione’ dei reati non ristorati, ma deve essere soddisfacente rispetto ai patimenti subiti pur non coincidendo completamente con il pregiudizio sofferto nella sua interezza». 

martedì, 24 Novembre 2020 - 20:44
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