Csm ancora monco per il caso Palamara, nuove elezioni per sostituire consigliere dimissionario: sono le terze in un anno


Per la terza volta in poco più di un anno i magistrati dovranno tornare alle urne per eleggere un nuovo consigliere del Consiglio superiore della magistratura. E’ l’ennesimo effetto del terremoto provocato dal caso di Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm radiato dall’ordine giudiziario dopo essere stato scoperto, grazie al trojan inoculato nel suo cellulare, a brigare per la nomina dei capi di alcuni uffici di procura.

Il ritorno al voto discende dal fatto che il plenum del Csm ha stabilito oggi che «non ci sono candidati legittimati a subentrare» a Marco Mancinetti il togato che si è dimessosi tre mesi fa, per le sue chat con Palamara. Su questa scelta i consiglieri si sono divisi: a favore delle suppletive hanno votato in 18, cinque i contrari e due gli astenuti. Nello specifico a favore della delibera si sono espressi il vicepresidente David Ermini, i vertici della Cassazione (il primo presidente Piero Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi), i togati di Area, Unicost, Autonomia&Indipendenza, gli indipendenti Nino Di Matteo e Carmelo Celentano, i laici di Fi Michele Cerabona e del Movimento 5 Stelle Fulvio Gigliotti e Alberto Benedetti, che è il relatore. Per l’altra proposta si sono espressi i togati di Magistratura indipendente, Loredana Micciché e Paola Braggion, che l’avevano votata anche in commissione, e Antonio D’Amato, e i due laici Filippo Donati, M5S, e Alessio Lanzi, Forza Italia. Si sono astenuti i laici della Lega Emanuele Basile e Stefano Cavanna.

Al centro del contendere l’interpretazione da dare all’articolo 39 della legge istitutiva del Csm, che dice che se un consigliere lascia è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di preferenze nell’ambito dello stesso collegio. Una norma «chiarissima» per il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e per il procuratore generale Giovanni Salvi e a cui si può dare solo il «senso letterale»: nel senso che si può attingere per la sostituzione solo da una «determinata graduatoria» relativa a «una specifica elezione». Tesi opposta a quella di chi sosteneva che Mancinetti andava sostituito dal primo dei non eletti in nome dell’esigenza di assicurare la funzionalità del Csm e il pluralismo.

«Non c’è nulla di più irragionevole che andare a votare per la terza volta in questa consiliatura», ha detto la togata di Magistratura Indipendente Loredana Micciché, evidenziando la posta in gioco: «Non convenienze personali, ma l’interesse della funzionalità del Csm». «Con nuove elezioni si aprirebbe un contenzioso amministrativo», ha avvertito il laico di Forza Italia Alessio Lanzi, invitando ad assegnare il seggio «a chi ha ricevuto voti» alle ultime suppletive.

mercoledì, 2 Dicembre 2020 - 20:29
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