Le mani della ‘ndrangheta nei trasporti sullo Stretto: 6 mesi di amministrazione giudiziaria per la ‘Caronte & Tourist’

La stele della Madonna della Lettera eretta all'ingresso del porto di Messina

Sei mesi di amministrazione giudiziaria per la Caronte & Tourist, società di trasporto che svolge, in massima parte, servizi di navigazione sullo Stretto di Messina e su altre tratta tra Sicilia e altre destinazioni. Lo ha disposto la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura reggina ed è stata eseguita dalla Dia. La società, che ha un valore di mezzo miliardo di euro e un capitale di 2,4 milioni di euro oltre a partecipazioni in altre società, secondo quanto emerso dalle indagini, fondate anche su dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, sarebbe stata permeabile alle infiltrazioni della ‘ndrangheta e avrebbe agevolato, secondo gli inquirenti, soggetti ritenuti vicini alla cosca Imerti-Condello. Sempre su richiesta della Dda il Tribunale infatti ha disposto il sequestro di beni di Massimo Buda, figlio del boss Santo Buda, ritenuto esponente apicale dell’omonima cosca federata agli Imerti-Condello.

Con l’operazione “Scilla e Cariddi” sarebbero emersi anche i rapporti tra la Caronte&Tourist e l’imprenditore Domenico Passalacqua già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel processo Meta. Entrambi dipendenti del vettore marittimo, Domenico Passalacqua e Massimo Buda, secondo gli inquirenti, erano i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa. In particolare si tratta di interessi economici legati alle imprese, riconducibili ai due soggetti, che si occupano di vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e quelle calabresi.

In sostanza Buda e Passalacqua avrebbero potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo. Le cosche avrebbero gestito anche l’assunzione di personale al quale era garantita la retribuzione anche durante la latitanza o la detenzione. Da mero lavoratore nel piazzale, Massimo Buda sarebbe stato la “longa manus” di suo padre Santo condannato a 14 anni e 8 mesi di carcere nel processo “Sansone” che si è concluso da poco in Appello. Per questo ha avuto una brillante progressione in carriera e a lui era affidato il compito di gestire le nuove assunzioni e la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori.

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mercoledì, 3 Febbraio 2021 - 12:39
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