Truffa del RdC in macelleria, indagini partite da anomalie in un Caf di Secondigliano e uno di Roma

finanza
di Giorgio Pari

Ci sono due Caf all’origine dell’inchiesta sul presunto giro di truffe e usura, ruotanti intorno alla macelleria degli Iavarone al Borgo Sant’Antonio Abate a Napoli. Un’indagine che, quindi, potrebbe presto allargarsi.

Secondo il decreto di sequestro, eseguito ieri dalla Guardia di finanza di Napoli, lo spunto iniziale è «un’autonoma attività ispettiva nei confronti di beneficiari del reddito di cittadinanza». In tale contesto, il gruppo Tutela Spesa Pubblica delle fiamme gialle «aveva modo di notare alcune anomalie – si legge nel provvedimento del gip Iaselli – nelle istanze di numerosi stranieri che utilizzavano le carte PostePay RdC per l’effettuazione degli acquisti sempre presso il medesimo centro commerciale». Da questi controlli emergerebbero le prime anomalie.

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«In particolare – si legge nelle carte – gli investigatori evidenziano che dalla documentazione esaminata in sede di verifica non era riscontrato il requisito richiesto per gli stranieri, vale a dire almeno dieci anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due in maniera continuativa». Infatti «il codice fiscale risultava richiesto poco prima della presentazione della domanda per ottenere il reddito di cittadinanza; non vi era traccia di precedenti rapporti lavorativi o assistenziali con l’Inps; la residenza non corrispondeva al domicilio fiscale». Secondo gli inquirenti, «un numero rilevante di domande che presentano tali profili di criticità» era stato presentato in due centri. Si tratta di un patronato di Secondigliano e di una Caf con sede a Roma. Per gli investigatori ci sono «collegamenti tra i due enti», riferibili a due fratelli, che non risultano indagati. Dalle intercettazioni spunterebbero «rapporti amicali» tra questa famiglia e gli Iavarone. Le PostePay intestate agli stranieri, «le cui posizioni erano esaminate e ritenute sospette», sarebbero state utilizzate, in prevalenza, nell’Antica Macelleria Iavarone. Il tutto «per importi significativi, talvolta in nelo stesso giorno in orari ravvicinati dal medesimo soggetto».

Tra marzo 2020 e 2021, gli introiti della società – tramite spesa con la card del Rdc – ammonterebbero a 290.000 euro. «Sulla base di tali specifici elementi – afferma il decreto – prendono avvio le intercettazioni per i reati associativi e di truffa aggravata, ritenendo configurabile una organizzazione che si occupava stabilmente di formulare false richieste di RdC a nome di stranieri, al fine di usare indebitamente le somme accreditate sulle PostePay».

mercoledì, 6 Luglio 2022 - 12:54
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