È una discesa inarrestabile nel baratro della crisi quella dell’automotive. Lo certifica anche il Centro Studi Promotor che ha evidenziato il crollo del mercato italiano dell’auto a giugno. Le immatricolazioni sono state appena 132.191, il 17,44% in meno rispetto allo stesso mese del 2024. Una frenata che fa rumore, anche se – come spiega il presidente del Centro Studi Promotor, Gian Primo Quagliano – il confronto risente di un elemento straordinario: «A giugno dell’anno scorso erano stati applicati gli incentivi con l’Ecobonus destinato alle vetture full electric, andato esaurito nell’arco di un solo giorno. Al netto di questo effetto, il dato di giugno 2024 sarebbe stato assai vicino a quello che si è registrato nel mese scorso», precisa Quagliano.
Nonostante questa precisazione, il bilancio dei primi sei mesi del 2025 resta negativo: da gennaio a giugno sono state vendute 854.690 auto, in calo del 3,58% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra le case automobilistiche, preoccupa in modo particolare il crollo di Stellantis, che a giugno ha immatricolato 32.437 vetture, segnando un -32,9% rispetto a un anno fa. La quota di mercato è scivolata dal 30,1% al 24,5%. Un tracollo che suona come un campanello d’allarme per l’occupazione e l’intero comparto industriale. «Servono decisioni urgenti per l’industria dell’auto, altrimenti le conseguenze potrebbero essere devastanti. Se le cose non cambiano, dovremo prendere decisioni toste. I rischi per l’occupazione sono forti», ha avvertito Jean Philippe Imparato, responsabile Europa di Stellantis, intervenuto agli Stati Generali dell’energia di Forza Italia alla Camera.
Imparato ha parlato anche del futuro di Maserati, su cui più volte sono circolate voci di cessione: «La nostra intenzione è di non mollare. Mi piacerebbe che Alfa Romeo e Maserati lavorassero di più insieme, come in passato», ha dichiarato il manager. Intanto, i sindacati premono per un confronto concreto e interventi immediati. «Attendiamo che Filosa convochi un tavolo con le organizzazioni sindacali. Penso sia necessario anche che il Governo e le Regioni interessate intervengano sugli investimenti, nel momento in cui c’è un piano industriale», sostiene Michele De Palma, segretario generale della Fiom.
Nonostante le difficoltà complessive, tra i marchi Stellantis spicca la crescita di Alfa Romeo, che consolida una quota di mercato vicina al 2%, mentre la Jeep Avenger si conferma il SUV più venduto in Italia. Tra le case cinesi, continua l’ascesa di MG, che detiene una quota del 3%, mentre BYD raggiunge l’1,7% e registra un +12,8% di vendite rispetto al mese precedente. In forte calo Tesla, che perde oltre il 60% a giugno e il 36% dall’inizio dell’anno. L’Anfia segnala anche un cambiamento nella composizione del mercato: in calo le immatricolazioni di veicoli diesel, passate dal 14,5% al 10,2% nel cumulato 2025, e di quelle a benzina, dal 30,5% al 26,1%. Crescono, invece, le auto ricaricabili, passate dal 7,2% al 10,5%, e le mild e full hybrid, dal 38,7% al 44,2%.
Si resta in attesa dei nuovi incentivi per i veicoli a zero emissioni, con una dotazione di circa 600 milioni di euro, provenienti dalla rimodulazione delle risorse del PNRR destinate originariamente alle colonnine di ricarica. Sul fronte sindacale, si moltiplicano gli appelli per una strategia europea condivisa. «È fondamentale consolidare un piano di relazioni sia sulle questioni industriali che sindacali per guardare al futuro, nella convinzione che la cooperazione internazionale sia indispensabile per evitare che le ricadute di scelte sbagliate pesino su lavoratrici e lavoratori», dichiarano De Palma e Giovanni Cotugno, segretario generale della Fiom Emilia-Romagna, intervenuti al convegno “Per una giusta transizione nel settore automobilistico europeo” a Bologna, insieme ai rappresentanti dei sindacati IG Metall e IndustriALL.
I numeri, però, raccontano un quadro drammatico per la produzione nazionale. Nadia Garbellini, docente all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha illustrato i dati Anfia: nel 2024 in Italia si sono prodotte 309.758 auto, contro le 541.953 del 2023, le 473.194 del 2022 e le 1.422.284 del 2000. Il crollo è del 78,22% in quasi 25 anni, pari a oltre 1,1 milioni di veicoli in meno. Non va meglio sui veicoli industriali: dai 270.250 prodotti nel 2000 si è scesi a 182.658 nel 2024, con un calo del 32,41%. Complessivamente, tra auto e veicoli industriali, la produzione è diminuita del 70,91%, ovvero 1.200.118 unità in meno.
Sul fronte fiscale, l’Unrae ribadisce la necessità di riforme per rilanciare il settore. «Da anni l’Unrae sottolinea che, senza una revisione strutturale della fiscalità delle flotte aziendali, l’Italia non potrà sostenere concretamente la transizione energetica», afferma Roberto Pietrantonio, presidente dell’associazione. «L’attuale trattamento fiscale è datato e penalizzante. Bisogna modulare la detraibilità Iva e la deducibilità dei costi in funzione delle emissioni di CO2, e ridurre a tre anni il periodo di ammortamento», sottolinea Pietrantonio, auspicando la proroga della Delega fiscale al 31 dicembre 2026 e l’avvio immediato di un tavolo di confronto con istituzioni e imprese.
Il presidente Unrae lancia anche un avvertimento sull’infrastruttura di ricarica: «Senza una rete capillare e realmente operativa, il percorso di elettrificazione resterà incompleto e l’Italia rischia di restare fanalino di coda in Europa. Occorre accelerare sulle colonnine e ridurre i costi delle ricariche». Dure anche le parole di Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità: «Le dichiarazioni di Imparato confermano quello che la Fiom sostiene da tempo: la situazione è grave. La chiusura di stabilimenti è impensabile e inaccettabile. Stellantis da anni non investe nel nostro Paese e manca un piano industriale per l’automotive da parte del governo».
Lodi chiede un intervento immediato della Presidenza del Consiglio e la convocazione di un tavolo con Stellantis e le organizzazioni sindacali: «Non possono essere i lavoratori a pagare il conto. Servono risorse dall’azienda e dal governo per un piano di garanzia per l’Italia. Il piano inclinato della produzione continua, con calo di quote di mercato e aumento degli ammortizzatori sociali. Anche la componentistica è a un livello di emergenza», conclude Lodi. Una crisi che rischia di trasformarsi in un punto di non ritorno per l’intero sistema industriale italiano.
mercoledì, 2 Luglio 2025 - 18:45
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