Un colpo di pistola esploso dritto al cuore della donna. Esploso dritto al cuore della moglie con la quale aveva avuto due figli. Era l’alba del 19 ottobre del 2016 quando Carmine D’Aponte, residente a San Marcellino, spezzò la vita di Stefania Formicola, che aveva 28 anni.
A distanza di due anni da quel delitto, i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno confermato la condanna all’ergastolo che venne disposta in primo grado nei confronti di D’Aponte. Nessuno sconto di pena, benché la difesa – tra le varie richieste – avesse avanzato quella di ridimensionare la vecchia condanna alla luce del fatto che il giudizio di primo grado si definì con la modalità del rito abbreviato. Nel processo si sono costituiti parte civile i genitori e i figli di Stefania Formicola (rappresentati dagli avvocati Raffaele Chiummariello, Anna Pedata e Libera Cesino), nonché l’associazione ‘Libera dalla violenza’. La Corte ha accolto in toto la richiesta del sostituto procuratore generale Edoardo Cilenti che aveva tenuta la requisitoria mercoledì scorso.
L’omicidio si consumò nel comune di Sant’Antimo. Stefania Formicola e Carmine D’Aponte si stavano separando. L’uomo contattò la moglie chiedendole un chiarimento. I due si incontrarono a Sant’Antimo. D’Aponte si recò munito di una pistola, carica e col colpo in canna. I due iniziarono a litigare e Carmine D’Aponte esplose un colpo di pistola che centrò Stefania Formicola dritto in petto. Gli investigatori trovarono anche un diario di Stefania nel quale la donna raccontava le violenze che subiva dal marito e in un passaggio si appellava ai suoi genitori implorandoli di prendersi cura dei suoi figli se le fosse accaduto qualcosa. Un presagio che fu ricordato anche durante l’omelia del rito funebre nel rione don Guanella a Miano, dove era nata e cresciuta fino al matrimonio.
D’Aponte dal canto suo ha sempre sostenuto che il colpo partì in maniera accidentale, ma la procura non ha mai creduto alla sua tesi anche perché una perizia balistica ha escluso la possibilità dell’incidente. Neppure il giudice per le indagini preliminari Daniele Grumieri del Tribunale di Napoli Nord, che il 12 febbraio dello scorso anno condannò Aponte, ha mai creduto alle giustificazioni fornite dall’uomo. E oggi i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno confermato il verdetto.
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venerdì, 8 Febbraio 2019 - 14:58
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