Caso Regeni, il padre: «Zone grigie sia in Egitto che in Italia, l’ambasciatore non risponde»

Giulio Regeni

Paola Deffendi e Claudio Regeni, genitori di Giulio, sono stati ascoltati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa e sull’omicidio avvenuto al Cairo nel 2016. Pesanti accuse alle autorità lanciate dal padre Claudio secondo cui «ci sono zone grigie sia dal governo egiziano, che é recalcitrante e non collabora come dovrebbe, e anche da parte italiana, che non ha ancora ritirato il nostro ambasciatore al Cairo. Da tempo chiediamo il ritiro dell’ambasciatore». «L’ambasciatore italiano al Cairo Cantini da molto tempo non ci risponde – ha sottolineato – evidentemente persegue altri obiettivi rispetto a verità e giustizia, mentre porta avanti con successo iniziative su affari e scambi commerciali tra i due Paesi».

La madre Paola Deffendi parla dell’incontro con l’allora premier Matteo Renzi che ci fu il 9 marzo. «Renzi ci chiese di andare senza la nostra legale, cosa che oggi non faremmo più, quella volta l’emotività e il desiderio di muovere le cose ci fece accettare di andare senza. Fu una cosa strana». Da quel momento la famiglia, spiega la mamma, si presentò a qualsiasi incontro con le istituzioni con il proprio legale. «A luglio ci fu un nuovo incontro in cui Renzi ci fa un discorso come se fossero già in Italia i famosi video della sorveglianza della metro», che hanno ripreso gli ultimi istanti prima della scomparsa, «ci venne detto come se quei video fossero stati già visti. Noi restammo basiti», ha continuato sottolineando che solo in seguito quei video uscirono fuori. Ripercorrendo i momenti immediatamente successivi alla morte la madre ha aggiunto: «Abbiamo scoperto che Giulio era stato torturato leggendo i giornali. Non ci era stato riferito dall’ambasciata per una sorta di tutela nei nostri confronti, ed è stata una super-botta per noi».

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martedì, 4 Febbraio 2020 - 17:30
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