Il Coronavirus svuota anche gli Scavi di Ercolano, il direttore Francesco Sirano: «In quattro giorni siamo sotto del 74%»

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Francesco Sirano
di Bianca Bianco

Nel 2019 è stato il terzo parco archeologico più visitato d’Italia, stime del Ministero dei Beni culturali. Ercolano ha scalato in pochi anni la classifica di gradimento dei turisti italiani e stranieri assetati di storia ed arte antica, arrivando a competere idealmente con meraviglie archeologiche come il Colosseo e la ‘sorella’ Pompei. Ma a pochi mesi dalla fine dell’anno dei record, oggi le rovine di Herculaneum appaiono semi-deserte. Sì, colpa anche qui del coronavirus, della paura dei contagi, delle misure di contenimento, dell’incertezza. Sentimenti che stanno svuotando città d’arte e poli culturali da Nord a Sud rischiando di mettere in ginocchio anche questo settore che, tra mille problemi e precarietà, è il vero petrolio del Bel Paese.

A parlare sono i numeri: nei primi quattro giorni di questo angoscioso marzo italiano il Parco Archeologico di Ercolano ha avuto 1318 visitatori, nello stesso periodo dell’anno scorso erano stati 5240, complici le domeniche al museo, l’evento gratis che ha portato migliaia di persone, magari a digiuno di storia ed archeologia, a conoscere questo ed altri splendidi esempi del passato e che lo scorso primo marzo sono state cancellate a causa dell’emergenza. Comitive non se ne vedono più tante, quella Babele di visi occidentali e di occhi a mandorla, tratto distintivo di queste vestigie ammirate in tutto il mondo, oggi è popolata da poche facce. Poche visite e pochi gruppi, complici la sfiducia dei turisti stranieri, la cancellazione di voli, la legittima paura e lo stop alle visite d’istruzione.

E’ lo specchio delle conseguenze dell’emergenza, quella che sta schiacciando il settore turistico ed il suo indotto ma non schiaccia però, e vogliamo ribadirlo dopo avere ascoltato i commenti dalla viva voce degli imprenditori e degli esperti del settore, la resistenza ed il senso di responsabilità di chi in e per questo mondo lavora.

Un esempio è il direttore degli scavi Francesco Sirano, dal 2017 alla guida del sito e che in due anni è riuscito, dati alla mano, a trasformare queste rovine sopravvissute all’eruzione del Vesuvio in palcoscenico per eventi che hanno proiettato la fama di Ercolano nel mondo grazie ad un azzeccato connubio tra reale e virtuale, archeologia e cultura di massa, nuove scoperte e valorizzazione dell’immenso patrimonio del Parco. Sirano si definisce «un uomo delle istituzioni» e come tale rispetta e promuove con fiducia le misure del Governo per contenere l’emergenza Covid-19 senza nascondere l’evidente crisi del sito che dirige.

Direttore Sirano, Ercolano come sta reagendo a questo periodo di emergenza?
«Lascio parlare i numeri. Fino a gennaio ed a febbraio eravamo in crescita, a livello di visitatori, del 20% rispetto allo scorso anno. I dati dei primi 4 giorni di marzo ci dicono invece che abbiamo subito già in questi primi quattro giorni un calo del 74%. Faccio un confronto tra il 2019 ed il 2020, pensando alle domeniche gratis ai musei: nel 2019 i visitatori furono 5240, nel 2020 – dati aggiornati al 4 marzo e relativi ai primi giorni del mese che comprendevano quell’evento poi cancellato – sono stati 1318. Il dato è lampante, ma sono i primi quattro giorni di marzo. Poi vedremo come si evolverà».

E’ stato giusto annullare del domeniche gratis?
«Vede, io sono un tecnico, un uomo delle istituzioni, e come tale le dico che a questa domanda non posso rispondere. Posso rispondere sull’impatto eventuale di un evento del genere sulla conservazione del bene, ma sull’aspetto sanitario ed emergenziale noi tecnici facciamo un passo indietro e ci atteniamo alle decisioni delle autorità competenti. Facciamo ciò che ci vien detto di fare, soprattutto in situazioni come questa che coinvolgono la salute dei cittadini».

Parliamo delle misure di prevenzione e contenimento del contagio. A Pompei sono state chiuse alcune delle parti più visitate come il Lupanare. Ad Ercolano?
«Abbiamo preso misure simili. In primis abbiamo ridotto gli accessi alle domus prevedendo un numero massimo di visitatori per volta, nei luoghi più stretti e meno arieggiati abbiamo ridotto ulteriormente il numero, ad esempio nelle Terme femminili. Lungo il percorso degli scavi e davanti alla biglietteria abbiamo fatto apporre degli avvisi, che campeggiano anche sul nostro sito internet, in cui chiediamo a chi entra di rispettare le disposizioni del Governo ma anche il buonsenso».

E chi lavora nel Parco archeologico?
«Per i nostri dipendenti stiamo implementando le misure in base alle disposizioni che ci arrivano di giorno in giorno; tutti sono stati resi edotti delle pratiche disposte dal ministero della Salute e dall’Organizzazione mondiale della Sanità, compresi i lavoratori esterni. Abbiamo distribuito gel disinfettante e dal punto di vista amministrativo abbiamo aggiornato, essendo una Pubblica amministrazione, il documento di valutazione del rischio. Siamo infine in attesa, per gli impiegati, delle indicazioni ministeriali relative alle smart working».

Smart working in un sito archeologico?
«Esatto, siamo pronti. Abbiamo già un sistema di digitalizzazione che vogliamo estendere a tutti. Anzi, possiamo utilizzare questo periodo emergenziale proprio per testarlo e provarne l’efficacia».

Tra le disposizioni che ha citato c’è quella del rispetto del metro di distanza nei luoghi al fine di evitare l’aumento di contagi. Che ne pensa?
«Purtroppo oggi ad Ercolano questo problema non c’è, perché non si vedono comitive o gruppi. In linea di principio, io credo che ogni regola si rispetta quando c’è collaborazione di tutti, anche del visitatore, perché ciascuno deve fare la sua parte. Il personale ha già ricevuto un ordine di servizio affinché si rispettino questi limiti, ma, per mancanza di folle di visitatori, grazie allo scaglionamento degli ingressi e vista la grandezza del parco che tocca i 4 ettari, direi che non è difficile farle rispettare. Basta il buon senso, ma la parola d’ordine è fratellanza: siamo tutti sulla stessa barca, aiutiamoci collaborando e così oltre alla salute salvaguarderemo anche la cultura».

Secondo lei andrebbero chiusi anche musei e siti archeologici?
«Siamo un servizio pubblico essenziale, nella categoria dei servizi per i quali, in tempi di emergenza, le decisioni vengono prese dall’autorità competente. Se questa deciderà di chiudere, chiuderemo. Oggi siamo aperti con precauzioni, ma ci atterremo ad ogni decisione dall’alto. Altra parola d’ordine: fiducia. Io ho fiducia nello Stato, prima come cittadino, poi come funzionario».

Ma se Lei fosse chiamato al tavolo del Governo per un confronto e per fare una proposta, cosa suggerirebbe?
«Mi piace sempre ricordare che non dobbiamo solo pensare a quello che lo Stato fa per noi, ma anche quello che noi possiamo fare per lo Stato. E allora la mia idea è che se l’esterno non viene da noi, noi andiamo all’esterno lanciando eventi on line, portando fuori contenuti che mantengano viva l’attenzione sui nostri beni. La speranza ovviamente è che questo periodo duri poco, nel frattempo possiamo darci da fare».

Ha mai vissuto un periodo del genere nella sua esperienza?
«Questi giorni mi hanno riportato alla mente ricordi privati e ricordi professionali. Quello di me bambino nella Napoli del colera del 1973, la situazione di spaesamento, il sollievo di fare il vaccino. Anzi, ricordo che in quei giorni non furono chiuse nemmeno le scuole. Poi quello successivo del terremoto dell’80, ero già ragazzo e ripenso all’angoscia, alla sensazione di incertezza. Ma anche nel lavoro ho vissuto giornate simili anche se per motivi del tutto diversi: lavoravo a Caserta, ingaggiammo insieme ai carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio una battaglia contro gli scavi clandestini senza esclusione di colpi. Lavoravamo giorno e notte per preservare quei siti e quei reperti. Ecco, oggi mi sembra di essere in battaglia come allora, quasi in trincea, per difendere la cultura».

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venerdì, 6 Marzo 2020 - 08:48
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