Il Csm dice sì a Piccirillo come capo gabinetto di Bonafede, ma il plenum si spacca. Tanti i ‘no’ tecnici e politici

Raffaele Piccirillo

Il via libera all’insediamento del magistrato napoletano Raffaele Piccirillo come capo di gabinetto del ministro Bonafede è arrivato, ma quella del plenum del Consiglio superiore della magistratura è stata una decisione tutt’altro che unanime. Il plenum, infatti, si è spaccato: Piccirillo ha ottenuto il disco verde grazie a 14 voti, ma in 7 hanno votato contro e 4 si sono astenuti.

I voti a favore e contrari
Hanno votato a favore, il primo presidente Giovanni Mammone, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, i tre laici dei Cinque Stelle Alberto Maria Benedetti, Filippo Donati e Fulvio Gigliotti (M5s); il laico di Forza Italia Michele Cerabona; i consiglieri togati di Unicost, Concetta Grillo, Marco Mancinetti e Michele Ciambellini; i togati di Area, Giuseppe Cascini, Giovanni Zaccaro, Mario Suriano, Alessandra Dal Moro ed Elisabetta Chinaglia.
A votare contro il fuori ruolo di Piccirillo sono stati i laici Emanuele Basile (Lega), Stefano Cavanna (Lega) e Alessio Lanzi (Fi), l’indipendente Nino Di Matteo e il togato di Magistratura Indipendente Antonio D’Amato, i consiglieri di Autonomia e Indipendenza Sebastiano Ardita e Ilaria Pepe. Si sono astenuti Paola Braggion e Loredana Micciché di Magistratura Indipendente e poi Piercamillo Davigo, e Giuseppe Marra di Autonomia e Indipendenza.

I ‘no’ tecnici e politici
Diverse le ragioni tra chi avrebbe voluto bloccare la nomina di Piccirillo a capo di gabinetto. Per il laico della Lega Stefano Cavanna, Piccirillo avrebbe dovuto conservare il suo ruolo di sostituto procuratore generale in Cassazione perché qui vi è una «notevole scopertura della Procura generale e che numerosi magistrati si potrebbero dover astenere in ragione del coinvolgimento nell’ambito della moltitudine delle chat». Per questo motivo, dice Cavanna, consentire il distaccamento di Piccirillo non è «un bel segnale da dare al Paese ai tempi di questo scandalo che coinvolge la magistratura».

Nino Di Matteo, invece, amplia lo spettro del discorso, caricando il suo ‘no’ di una duplice valenza: da un lato rimarca il tema, tecnico e pratico, della scopertura in Procura generale («Poche settimane fa abbiamo attestato la particolare sofferenza della Procura Generale nel lavoro legato alla sezione disciplinare. Noi non possiamo due mesi dopo cambiare idea, dopo che quel dato di ‘grave sofferenza’ si è ulteriormente aggravato. Tali esigenze impongono di non autorizzare questo fuori ruolo»), ma dall’altro ancora il suo ‘no’ al particolare momento che sta vivendo la magistratura, all’emersione del ‘carrierismo’ sfrenato che ha portato certa magistratura ad essere troppo vicina a parti della politico e alla necessità di iniziare a dare un taglio netto a questa ambiguità che lega i due mondi. «Abbiamo sentito parlare il Ministro del problema delle porte girevoli tra politica e magistratura, ma il materiale probatorio di Perugia non mi sembra attenga a questo tema. Penso che l’enorme questione che emerge è quella della folle e scomposta corsa di magistrati a rincorrere incarichi direttivi e della folle e scomposta corsa verso incarichi fuori ruolo. Il problema delle porte girevoli è più facile da esibire, ma non è questo il tema – ha commentato Di Matteo – In questo caso, di oggi, le porte girevoli si muovono in modo frenetico: il validissimo collega dott. Piccirillo già nel 2018 ha fatto parte della compagine del ministero».

E’ un ‘no’ politico anche quello del laico di Forza Italia Alessio Lanzi: «La perdita di prestigio della magistratura nel Paese è ai livelli massimi. Vanno eliminate le commistioni tra ministero della Giustizia e magistratura». Sulla stessa linea Antonio D’Amato di Magistratura Indipendente: Piccirillo è un magistrato «’che dopo essere stato nominato in Procura, generale, e dopo essere stato fuori ruolo, oggi ci chiede di ritornare in fuori ruolo» e «questo non mi sembra un buon esempio agli occhi dei magistrati italiani». Mentre Davigo non vede di buon occhio il fatto che dei nove magistrati vincitori del concorso in Cassazione solo a lui sia stato data la possibilità di insediarsi subito, adombrando una perdita di imparzialità.

Le ragioni di chi ha votato a favore
Tra quanti, invece, hanno votato a favore del fuori di Piccirillo vi è il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi che, provando a spegnere le contestazioni degli ‘oppositori’, ha ridimensionato il problema della scopertura del suo ufficio, spiegando che sono già in servizio 5 dei nuovi sostituti e ricordando al Csm che appena due mesi fa «in una situazione peggiore», il plenum ha dato il via libera a un altro fuori ruolo. Una difesa accorata di Piccirillo l’ha fatta il relatore Michele Ciambellini (Unicost): «Nessuna carriera parallela, semmai un magistrato tra i più esposti nella lotta alla criminalità organizzata», ha detto ricordando i 12 anni di servizio a Santa Maria Capua Vetere quando si lavorava «senza scorte». Mentre Giuseppe Cascini (Area) ha sottolineato come la presenza dei magistrati al ministero sia “un valore”. Anche il laico Filippo Donati (M5s) ha votato ‘sì’ per il fuori ruolo: «Non si tratta di un caso di porte scorrevoli, si tratta, piuttosto, di un incarico tecnico a supporto della giustizia. Non vorrei – ha detto nel dibattito che ha preceduto il voto – che l’atteggiamento di oggi in Plenum possa essere letto come un atteggiamento ostile a un ministro e a un governo di un certo colore politico: Noi siamo un organo costituzionale e non possiamo far mancare la nostra collaborazione istituzionale. Dobbiamo avere un atteggiamento il più possibile apolitico e essere felici che la scelta ricada sul miglior magistrato possibile». A sostegno di Piccirillo anche il togato di AreaDg, Giuseppe Cascini. «Oggi parliamo dell’incarico più importante all’interno del ministero della Giustizia. Noi non possiamo permetterci di applicare le norme una volta in un modo e un’altra in un altro, perché non ci piace il collega o il suo percorso professionale. Noi abbiamo sempre ritenuto che tali incarichi siano una ricchezza, perché portano la loro conoscenza, ma anche la loro autonomia e indipendenza negli Uffici del ministero».

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giovedì, 4 Giugno 2020 - 15:21
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