Covid, boss ai domiciliari durante la fase 1: Bonafede ancora sulla graticola. Fdi e Lega: «In 112 non sono tornati in cella»


Chiedono le dimissioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede le opposizioni parlamentari e la richiesta è l’ultimo capitolo della vicenda, scoppiata in piena pandemia, dei boss spediti ai domiciliari per ragioni di salute durante la frase più cruenta dell’emergenza Covid 19. Vicenda che ha subìto parecchie distorsioni (e pressioni) narrative e che ha costretto il ministro Alfonso Bonafede, incapace di porre la questione nei giusti binari, ad adottare un provvedimento (il decreto che dispone il ritorno in carcere dei boss detenuti) così forzato da finire davanti alla Consulta.

Approfittando dell’evidente difficoltà del Guardasigilli di spegnare l’incendio giustizialista creatosi attorno a un caso che meritava di essere affrontato con rigore data la sua complessità, il centrodestra continua oggi a cavalcare la linea ‘dura’ contro Bonafede usando la lettura di quei fatti più intransigente. Così le opposizioni fanno notare che, nonostante il decreto-riparatore di Bonafede, vi sono ancora ai domiciliari detenuti che erano in regime di carcere duro (41 bis) o in alta sicurezza.

Attualmente, secondo quanto sottolineato nei giorni scorsi da La Repubblica, 112 sono i detenuti, tra cui condannati per mafia e per droga, ancora ai domiciliari; a tornare in carcere sinora sono stati invece 111. Alfonso Bonafede ha provato a difendersi affermando che le scarcerazioni sono state «decise dalla magistratura in piena autonomia e indipendenza nel bel mezzo della pandemia». Da parte del ministro anche la rassicurazione sul fatto che il suo dicastero sta monitorando «per verificare l’applicazione dei due decreti antimafia».

Giorgia Meloni, leader di Forza Italia, gli chiede di dimettersi: «È scandaloso che 112 mafiosi e narcotrafficanti scarcerati durante il lockdown non siano mai tornati dietro le sbarre e si trovino ancora ai domiciliari – tuona –  Il ‘sommo scarceratore di boss’ Bonafede aveva giurato che dopo averli liberati li avrebbe riportati uno ad uno in galera, ma era una colossale menzogna e ora si dimetta».

«Bonafede è un presunto ministro che sta coprendo il Paese di vergogna- accusa da Forza Italia Maurizio Gaparri-. Conte, Bonafede, i grillini, con la complicità del Pd, di Renzi e di Leu, hanno favorito i boss delle cosche». Matteo Salvini, leader leghista, parla di governo «incapace». Ma Bonafede risponde su Facebook: «Per evitare che si faccia (volutamente) confusione tra le competenze e responsabilità istituzionali sancite dalla Costituzione – scrive – chiarisco quanto segue. Dopo le note scarcerazioni, decise dalla magistratura in piena autonomia e indipendenza nel bel mezzo della pandemia, su mia iniziativa il governo ha approvato due decreti, che hanno imposto di rivalutare, con il parere obbligatorio delle direzioni distrettuali antimafia, la posizione di tutti i detenuti per reati gravi posti ai domiciliari. Sono decreti – continua Bonafede – che hanno modificato leggi in vigore da almeno cinquanta anni e che nessuno aveva mai cambiato. In base a quanto previsto, i detenuti (posti ai domiciliari, ci tengo a ribadirlo, in forza di un provvedimento giudiziario) sono dunque tornati davanti ad un giudice, che ha preso le sue decisioni, ovviamente in assoluta autonomia. Come per tutti i provvedimenti in materia di giustizia, ho già avviato uno stretto monitoraggio per verificare l’applicazione dei due decreti antimafia».

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, in questi mesi si è assistito a una crescita di detenuti tornati in carcere dopo le nuove decisioni dei giudici: erano una cinquantina a metà giugno e determinante è stato l’impegno del Dap anche nella ricerca di posti in strutture ospedaliere penitenziarie.

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venerdì, 4 Settembre 2020 - 08:08
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