Stretta sui telefoni in cella e sugli aiuti ai boss, in vigore il nuovo reato e le nuove pene: ‘decreto legge’ pubblicato in Gu

Cella Carcere

Da oggi, venerdì 22 ottobre, introdurre telefoni cellulari in carcere costerà una condanna da 12 mesi a 4 anni. E pagherà caro anche chi agevolerà in qualsiasi modo le comunicazioni dei boss detenuti al 41bis con l’esterno. Il decreto legge sulle Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, all’interno del quale è contenuta questa nuova modifica al codice penale è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale. 

L’introduzione di cellulari in prigione diventa così reato ed è previsto dal nuovo articolo 391-ter del codice penale. Sino ad ora rappresentava solo un illecito disciplinare, sanzionato all’interno del carcere. La pena scatta sia per chi riceve il cellulare sia per chi lo porta. Il ministro ha deciso di introdurre questa nuova misure alla luce dell’esplosione del fenomeno denunciato anche numerosi procuratori. Solo nel 2020 (e fino alla fine di settembre) sono stati sequestrati 1761. Disparati i mezzi con i quali i cellulari sono stati ‘recapitati’ ai detenuti: camuffati nel cibo, sistemati negli indumenti intimi, ingoiati, nascosti nel corpo, inseriti in un pallone per poi essere lanciati, trasportati da un drone, collocati nel fondo delle pentole. Un pentito del clan napoletano Lo Russo di Miano ha raccontato che i ‘cellulari’ venivano nascosti nelle scarpe calzate da chi doveva andare a colloquio coi detenuti. 

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Le nuove norme prevedono, inoltre, un rafforzamento delle sanzioni applicate in caso di comunicazioni dei detenuti sottoposti all’articolo 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Per chi agevola il detenuto al 41bis nelle comunicazioni con l’esterno la pena è innalzata fino a 6 anni. Se il reato è commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o avvocato la pena aumenta dagli attuali 2-6 anni a 3-7 anni.

Infine il decreto prevede anche l’inasprimento e il Daspo sulle risse e lo spaccio. Il questore, anche sulla base di una sola denuncia per rissa, potrà  vietare ai violenti e ai pusher l’accesso ad un elenco di locali fino a 2 anni. Con la violazione del Daspo è prevista la pena fino a 2 anni di reclusione e multa fino a 20mila euro. Se da una rissa deriva la morte o lesioni personali, si rischiano fino a 6 anni. Per quanto riguarda lo spaccio, il decreto interviene sulla vendita online della droga: i provider che non inibiranno gli accessi alle piattaforme nell’elenco dei siti indicati dal Viminale pagano fino a 250 mila euro.

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giovedì, 22 Ottobre 2020 - 15:53
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