Accusato di corruzione e finito ai domiciliari, archiviata l’inchiesta sul capo dell’Ispettorato del Lavoro di Napoli

Tribunale

Nel novembre del 2018 ha subito anche l’onta e i danni dell’arresto. Renato Pingue, capo dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Napoli, ha visto cadere le accuse a lui contestate dalla procura di Avellino senza neppure arrivare in un’aula di Tribunale di Napoli.

E’ stata la stessa procura che due anni fa ne aveva chiesto e ottenuto i domiciliari a sollecitare un’archiviazione del fascicolo, istanza poi accolta dal giudice per le indagini preliminari Fabrizio Ciccone. Finisce così nel cassetto l’accusa di corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (in concorso con un importante imprenditore irpino che opera nel settore della logistica e dei servizi) che costrinse Pingue ai domiciliari per una settimana (il gip sostituì la misura con la sospensione dal pubblico esercizio per nove mesi; poco dopo il Riesame annullò anche l’ordinanza di interdizione per carenza dei gravi indizi di colpevolezza e la Cassazione confermò respingendo il ricorso della procura).

Inizialmente la procura contestò all’indagato di avere fatto assumere il figlio ingegnere in un’azienda, chiudendo un occhio sulle irregolarità riscontrate nei rapporti di lavoro di quella ditta. All’epoca l’azienda era al centro di una vertenza sindacale e, secondo la procura, le ‘omissioni’ di Pingue avrebbero danneggiato i lavoratori nella procedura di contenzioso non essendo stati messi al corrente di informazioni utili su contributi e spettanze. I fatti contestati a Pingue risalivano al 2016 quando l’indagato ricopriva la carica di direttore provinciale facente funzioni della sede di Avellino. 

Avverso la richiesta di archiviazione della procura aveva proposto opposizione il sindacato Usb , ma il gip ha respinto le ‘doglianze’ del sindacato «non essendo – si legge nel provvedimento – all’esito delle indagini svolte, emersi elementi idonei per un utile esercizio dell’azione penale nei confronti degli indagati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti».

Con Pingue erano finiti sotto inchiesta altre sei persone, tra imprenditori e funzionari pubblici: anche per loro il caso è chiuso. Il funzionario, difeso dagli avvocati Giuseppe Fusco ed Ettore Freda  ha sempre respinto ogni accusa: già in sede di interrogatorio di garanzia, durato circa 4 ore, motivò il suo comportamento per allontanare la cortina di sospetti. E, alla fine, anche il gip Ciccone – nel provvedimento – ha dato atto che la condotta di Pingue non ha «di fatto il lavoratore delle sue tutele giurisdizionali». 

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giovedì, 22 Ottobre 2020 - 11:50
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