Crisi, i malesseri del M5s: Conte mediatore ma resiste la fronda anti-Draghi. Consultazioni all’ultimo round

Giuseppe Conte durante l'intervista a 8 e mezzo

Il soccorso al governo Draghi è arrivato nelle ultime ore dal premier uscente Giuseppe Conte. Conte, intervenuto all’assemblea del Movimento Cinque Stelle, sempre più dilaniato al suo interno sulla scelta di appoggiare il nuovo esecutivo, ha aperto al nuovo Governo con parole che dovrebbero costituire un balsamo sulle ferite dei pentastellati, divisi sulla posizione da assumere tra chi invoca il netto no e chi invece punta all’appoggio, sebbene critico, anche per dare quella che Luigi Di Maio stesso ha definito una prova di maturità del gruppo.  «Non è il momento dell’auto-isolamento, non possiamo trascurare il bene del Paese – ha dichiarato Conte secondo quanto riportano le cronache giornalistiche – Noi abbiamo una grande responsabilità verso il paese ma non dimentichiamo chi collabora lealmente e chi lo fa in modo irresponsabile: sappiamo chi ci ha voltato le spalle ed ora cerca di entrare per lucrare qualche vantaggio. Si cercherà di porre condizioni tali che alcuni soggetti non potranno più rimanere al tavolo. Ma noi, invece, al tavolo dobbiamo rimanere perché dobbiamo dare una prospettiva al paese e altre soluzioni diverse ora non ci sono». L’ex presidente del Consiglio ha poi smentito la possibile sua entrata nel nuovo esecutivo.

Per i grillini la situazione è complessa. Sono almeno una trentina i parlamentari indecisi sulla direzione da prendere, una decina quelli pronti a bocciare la fiducia a Mario Draghi nonostante gli appelli di Di Maio e Grillo. Il punto di riferimento adesso diventa, prepotentemente Conte, che sta cercando di cucirsi addosso la leadership del Movimento da un lato stigmatizzando le aperture dei nemici leghisti, dall’altro ammorbidendo i Cinque Stelle sull’appoggio al ‘banchiere’ Draghi, da sempre avversato, e sull’alleanza con Silvio Berlusconi: entrambi considerati uno smacco rispetto alla storia stessa dei grillini.

A ben guardare, comunque, l’unico che resta ancorato alle proprie posizioni anti-Draghi è il leader ombra del Movimento Alessandro Di battista (che però non è parlamentare). Barbara Lezzi sembra essere scesa a miti consigli dicendo sì a un Governo elettorale fino a giugno; Nicola Morra invoca il voto su Rousseau e persino Danilo Toninelli, autore di un post in cui negava urbi et orbi l’appoggio a Draghi, alla fine con capriola quasi comica apre al dialogo con l’ex capo della Bce. Una situazione grottesca, che si dovrà ricomporre entro il termine delle consultazioni per capire quali numeri ha a disposizione il premier incaricato per formare il suo Governo. Draghi ha incassato il sì di Pd, Italia Viva, Forza Italia, l’apertura della Lega e il no di Fratelli d’Italia; da oggi inizia il secondo giro di consultazioni.     Al presidente Mattarella potrebbe riferire mercoledì 10 o addirittura la sera prima, dopo i colloqui con i partiti.
    Nella migliore delle scalette, il successore di Giuseppe Conte e la sua squadra potrebbero giurare entro venerdì 12. Oggi pomeriggio toccherà ai partiti piccoli: dalle 15 con il gruppo Misto della Camera fino alle 17.30 con le Autonomie (in mezzo, il Movimento italiani all’estero, Azione, +Europa, i radicali, Noi con l’Italia, Cambiamo, Centro democratico).

    Martedì, giornata densa dalle 11 alle 17.15 I primi a sedersi di nuovo al tavolo con Draghi saranno i cosiddetti ‘responsabili’, il gruppo di Europeisti-Maie-Centro democratico nato al Senato dopo le dimissioni di Conte. Poi Leu, Italia viva, Fratelli d’Italia, Pd, Forza Italia, Lega e M5s. A quel punto il quadro potrebbe essere chiaro per far scattare la sintesi del super banchiere, mentre la fiducia del Parlamento potrebbe anche arrivare la settimana successiva, dopo il 14 febbraio. In ogni caso, secondo la prassi dell’alternanza, il primo voto dovrebbe essere al Senato. Ma dovrebbe decidere la conferenza dei capigruppo, in base anche a valutazioni politiche.

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lunedì, 8 Febbraio 2021 - 09:48
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