Detenuto di Napoli mostrò i segni delle botte ai giudici, arrestati 6 agenti della Penitenziaria


Durante un collegamento in video-conferenza con il Tribunale di Napoli, il detenuto Alessio Peluso alzò la maglietta e mostrò ai giudici i segni delle percosse. Quindi accusò alcuni agenti della Polizia penitenziaria del carcere dove era detenuto.

Pochi giorni, a seguito della denuncia pubblico del giovane malavitoso di Miano, sei agenti della Penitenziaria in servizio nel carcere di Reggio Calabria sono stati posti agli arresti domiciliari su disposizione del giudice per le indagini preliminari Valerio Trovato.

I provvedimenti hanno colpito il comandante, Stefano La Cava, di 48 anni; gli assistenti capo Fabio Morale, di 55 anni, Domenico Cuzzola (45) e Placido Giordano (51); il vice sovrintendente Pietro Luciano Giordano (55) e l’assistente Alessandro Sgrò (39). I reati contestati sono tortura e lesioni personali aggravati. La Cava risponde anche di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, omissione di atti d’ufficio, calunnia e tentata concussione.

Secondo quanto è emerso dall’inchiesta, La Cava avrebbe tentato illegittimamente di visionare, costringendo un suo sottoposto a mostrargliele, alcune relazioni di servizio relative alla sorveglianza cui veniva sottoposto Peluso. All’epoca dei fatti, tra l’altro, il detenuto vittima del pestaggio aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di rientrare in cella dopo avere beneficiato dell’ora d’aria.

Altri due agenti, nell’ambito della stessa inchiesta, sono stati sospesi dal servizio ed altri quattro risultano, al momento, indagati. Per questi ultimi il gip deciderà soltanto dopo l’interrogatorio se disporre anche nei loro confronti la sospensione dal servizio, come richiesto dalla Procura. Nell’inchiesta è coinvolto anche uno dei medici in servizio nel carcere, indagato per depistaggio in quanto avrebbe reso false dichiarazioni al pubblico ministero nel corso delle indagini. Anche per lui il gip deciderà dopo l’interrogatorio se sospenderlo dal servizio.

Il pestaggio subìto da Peluso è stato ripreso dalle telecamere interne dell’istituto di pena. L’uomo è stato colpito ripetutamente dagli agenti con i manganelli in loro dotazione, ma anche con pugni. Lo stesso personale di polizia penitenziaria, inoltre, lo avrebbe fatto spogliare e lo avrebbe lasciato seminudo per oltre due ore in cella.
A seguito degli arresti Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), ha invocato alla prudenza: «Invito tutti a non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari. La presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Carta costituzionale e quindi evitiamo illazioni e gogne mediatiche». «Niente è più barbaro – aggiunge Capece – dei processi mediatici. Ricordo a me stesso che, in molti casi ed in diverse città, detenuti sono stati condannati per calunnia per le false accuse di presunti pestaggi subìti da alcuni poliziotti penitenziari durante la detenzione. Noi confidiamo nella Magistratura perché la Polizia penitenziaria, a Reggio Calabria come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere. L’impegno del primo Sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe, è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una ‘casa di vetro’, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci ‘chiaro’, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale, ma ancora sconosciuto, lavoro svolto quotidianamente con professionalità, abnegazione e umanità dalle donne e dagli uomini della Polizia penitenziaria».

mercoledì, 30 Novembre 2022 - 07:30
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