Scontri tra tifosi, Di Lello frena: «Violenti ormai lontani dagli stadi, le ultime norme funzionano. Sbagliato vietare le trasferte»

Marco Di Lello
di Gianmaria Roberti

La guerriglia ultrà in autostrada, domenica scorsa, ha scatenato una sarabanda di allarmi, con corale richiesta di un giro di vite. Ma c’è chi rifiuta i toni concitati. «Io guardo il bicchiere mezzo pieno, e il calcio non c’entra nulla con questi fatti» dice Marco Di Lello, ex deputato campano della commissione Antimafia, ex procuratore federale Figc, oggi presidente della commissione affari economici della Federcalcio.

Ci spiega come mai non la preoccupa l’accaduto?
«Al netto della follia connaturata a questi episodi, guardo ai fatti da un versante positivo: le norme che abbiamo varato negli anni scorsi hanno spostato questi episodi, per quanto insopportabili, dall’interno o dalle immediate vicinanze degli stadi a posti più lontani. Premesso che la delinquenza è insita nell’animo umano, dai tempi di Adamo ed Eva, quindi dubito si possa estirpare mai completamente, penso sia frutto delle modifiche legislative introdotte nel 2017 e poi nel 2019 – Daspo, super Daspo, flagranza differita, figlie anche del lavoro che facemmo in commissione Antimafia nel 2017 -: queste norme hanno prodotto effetti positivi».

Perché?
«Perché il numero di delinquenti negli stadi è sempre più ridotto, e questi sono costretti a inventarsi follie come un “appuntamento” sull’A1 per sfogare i loro istinti bestiali. Ma questo col calcio non c’entra nulla, dubito che possano essere ascritti alla categoria dei tifosi».

Per ridimensionare ancora il fenomeno cosa fare?
«Se i Tar dessero una mano, anziché annullare i Daspo per difetti formali, ce ne sarebbero ancora di meno di delinquenti e pregiudicati nelle curve. Ma al di là della battuta polemica, sottolineo la bontà degli strumenti posti in essere. Rispetto alle nostre proposte, mancano ancora le camere di sicurezza negli stadi. Ma in qualche modo le leggi hanno funzionato in questi anni».

Però chi ha perso un figlio o un marito per la violenza da stadio, come la mamma di Ciro Esposito e la vedova dell’ispettore Raciti, dopo gli scontri dell’8 gennaio sottolinea l’assenza di un cambiamento, nella risposta dello Stato agli hooligans nostrani.
«Dal mio punto di vista c’è stata forse una sottovalutazione in questo caso, perché la presenza di poliziotti era minimale e, da quanto comprendo, era prevedibile lo scontro. Però, sul piano normativo, ripeto: gli strumenti hanno funzionato, anche se ovviamente non possiamo illuderci di vivere in una società perfetta, senza delinquenti. E tenderei a escludere che chi si è reso responsabile di quest’ignobile vicenda sia andato, negli ultimi anni, in uno stadio. E sicuramente non lo potrà più fare in futuro».

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La stretta degli ultimi anni, per lei, ha determinato una svolta positiva. Quindi fa bene chi, dopo i fatti dell’8 gennaio, chiede ulteriori inasprimenti?
«Secondo me no, non possiamo militarizzare gli stadi o, peggio ancora, impedire le trasferte. Il 99.9 per cento dei tifosi sono persone perbene, sono famiglie. Io stesso frequento lo stadio con i miei figli di 8 e 15 anni, quando posso utilizzo le trasferte come occasione per stare con loro. Che senso avrebbe punire una stragrande maggioranza di persone perbene, o punire il calcio per pochi delinquenti?».

Però il governo annuncia provvedimenti severi, per evitare che in futuro si ripetano scontri.
«L’esperienza di questi anni, e lo dico da ex legislatore, insegna che inserire uno o due anni di carcere in più in una norma non ha l’effetto di disincentivare certi comportamenti. Quello che conta è impedire a questi soggetti di essere presenti allo stadio, questa è la vera punizione, da comminare anche in assenza di reati commessi. E lo dico io, che culturalmente mi considero un garantista».

Quindi il quadro normativo va bene così?
«Le reazioni emotive non sono mai quelle giuste, il legislatore non si deve mai muovere sotto l’onda dell’emozione quando ci sono fatti anche gravi. Non ne faccio una questione di colore: i due decreti sicurezza del 2017 e del 2019 sono stati varati da maggioranze di segno opposto. Non è un tema di battaglia politica, ma di applicare bene quello che ci sta. Secondo me gran parte del lavoro è stato fatto. Se poi lo vogliamo chiudere con le camere di sicurezza allo stadio, importando il modello Thatcher, quello dell’Inghilterra anni ’80, anche da noi, magari ci risparmiamo pure qualche discriminazione razziale o territoriale che continua ad esserci nei nostri stadi, e lo considero insopportabile. E anche qui, siccome le norme ci sono, se il giudice sportivo fosse un po’ più severo sotto questo aspetto forse faremmo un passo in avanti. Ma di delinquenti, quelli veri, oramai se ne vedono davvero pochi negli stadi, ed è un successo da rivendicare».

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E i club di calcio cosa dovrebbero fare?
«Loro hanno fatto una battaglia per anni perché gli fosse tolta la responsabilità oggettiva. Io credo che quello sia un freno importante perché impegna inevitabilmente le società a vigilare e ad evitare rapporti sbagliati, e ad avere rapporti solo con la tifoseria sana. Ma la mia sensazione è che le società siano cresciute in questi anni, è difficile addebitargli alcunché».

Il lavoro svolto dalla commissione Antimafia, di cui lei era segretario – tra 2013 e 2018 -, ha fatto emergere rapporti tra organizzazioni mafiose e alcune curve. Oggi ci sono ancora queste infiltrazioni?
«Oggi il livello di attenzione è più alto, grazie a quel lavoro oggi vengono monitorati tutti gli aspetti di possibile infiltrazione. Sicuramente ci sono capi tifosi che appartengono più alla sfera delinquenziale che a quella calcistica, ma parliamo di esigue minoranze. E comunque mi sembra che le società abbiano imparato a tenere gli occhi aperti».

Il calcio ha messo le mafie in fuorigioco, allora?
«Capiamoci: stiamo parlando di un business da 4 miliardi di euro, è inevitabile che faccia gola alle mafie. Questo impone di tenere il livello di attenzione sempre più alto e di sostenere le società calcistiche, che in questo caso sono vittime di questi appetiti».

mercoledì, 11 Gennaio 2023 - 10:24
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