Un incontro nella sede della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, esteso a tutti i capi delle procure italiane. Così riparte il dialogo tra il governo, rappresentato al massimo livello, e la magistratura inquirente. La visita istituzionale della premier Meloni si trasforma nell’occasione per lanciare l’invito a «collaborare», da quanto si apprende. Un metodo: perché anche quando ci fosse «disaccordo», secondo Meloni, non si deve mai giungere allo «scontro tra poteri». Politica e magistratura, nello schema illustrato, lavorano «tutte per lo stesso datore di lavoro e contro lo stesso avversario».
La presidente del Consiglio arriva a via Giulia, nel tardo pomeriggio, accompagnata da due magistrati finiti al governo: il sottosegretario Alfredo Mantovano e il guardasigilli Carlo Nordio. Ad accogliere la delegazione c’è il procuratore nazionale antimafia Gianni Melillo. Tra i procuratori, non tutti condividono. Qualcuno pubblicamente ha espresso dubbi sulla riforma della giustizia in cantiere. Secondo ambienti della presidenza del consiglio, tuttavia, il clima dell’incontro è sereno, di «grande dialogo».
«Tutto quello che ritenete si possa fare – avrebbe detto la premier – sono e siamo disponibili a farlo», per «dare dignità all’onore dello Stato». Le frizioni non mancano, ma Meloni rivendica pure la conferma del carcere ostativo, e gli interventi a Caivano, quali azioni qualificanti dell’esecutivo. E su un punto intende ribadire: «Lotta alla mafia e al terrorismo sono i capisaldi di questo governo». Il dialogo, forse, può ripartire da qui.
lunedì, 13 Novembre 2023 - 22:23
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