Corsa per la segreteria del Pd tra post e colpi bassi: duello social tra Ederoclite e il candidato Roberto Giachetti

roberto giachetti
Roberto Giachetti
di Daniele Di Martino

Appena un anno fa si sono scambiati complimenti su Twitter. Poi, si sa, i congressi sono capaci di mettere contro anche gli alleati più affiatati. E allora il duello rusticano sui social non è passato inosservato. Tommaso Ederoclite e Roberto Giachetti sono i protagonisti di uno scontro a suon di colpetti di tastiera. Il primo è il presidente provinciale del Pd di Napoli nonché sostenitore di Maurizio Martina alla segreteria nazionale, il secondo è il candidato al congresso dell’area che fa riferimento ai renziani ortodossi. Tutto ruota intorno alle attuali cariche di consigliere comunale e di deputato ricoperte da Giachetti, nonché alla lunga permanenza del deputato in Parlamento.

Il duello social
Pochi giorni fa Ederoclite ha affidato a Facebook una lettera aperta indirizzata a Giachetti. Una lettera, che adesso non è più disponibile sul social, nient’affatto morbida. Un colpo basso, a dire di qualcuno. Tirato forse nel tentativo di indebolire l’area che fa riferimento al consigliere comunale romano e drenare così voti che possano andare a rafforzare Martina. Il presidente del Pd provinciale punta tutto sulle attuali cariche di consigliere comunale e deputato ricoperte da Giachetti e, per non venire meno alla politica del Pd che i panni sporchi si lavano sui social, spiega che «già da ottobre del 2018, ti era stato segnalato anche dalla Commissione di Garanzia nazionale, che ti aveva indicato come termine perentorio le dimissioni da una delle due cariche entro il 31 dicembre».
Dunque il ‘domandone’ rivolto a Giachetti ma soprattutto ai suoi sostenitori: «Come puoi pretendere che si rispettino le regole una volta che tu sarai, nel caso, diventato segretario se sei tu il primo a non farlo? Come potrai da segretario sostenere che lo Statuto e il Codice Etico sono la nostra carta organizzativa per orientarci quando tu stesso non ne rispetti il dettato? Come potrai da segretario sostenere che lo Statuto e il Codice Etico sono la nostra carta organizzativa per orientarci quando tu stesso non ne rispetti il dettato?». La lettera si chiude infine cavalcando un tema assai caro ai giovani ‘dem’, lo svecchiamento della classe politica: «Sei al tuo quinto mandato da parlamentare, ruoli che hai svolto benissimo, ma anche qui dovresti fare chiarezza, perché il nostro Statuto anche in quel caso parla di limite dei mandati, con deroghe particolari e per casi specifici, anche in questo caso ti chiedo una cosa semplice, secondo te un sesto mandato sarebbe coerente con questa volontà di ricambio generazionale e politico che sostieni nella tua mozione? Ma ci pensi se tutti i parlamentari pretendessero mandati fino al sesto quale implosione vivrebbe il nostro partito in termine di cambiamento della classe dirigente?».
La risposta di Giachetti, sempre via social, non si è fatta attendere e parte da una premessa che la dice lunga sul clima velenoso che ancora avvolge il Pd: «Dovrei evitare di risponderti. Perché la tua domanda non è sincera ma è una mossa di campagna congressuale per conto di un candidato. E per non dare visibilità ad una bassezza che non la merita (…) Credo che sia giusto che chi legge sappia che stai collaborando con la campagna di Maurizio Martina e anche che quando mi sono candidato alle primarie ho ricevuto il suggerimento di avvalermi del tuo contributo: evito di spiegare perché ho declinato». Quindi, dopo aver provato a demolire la credibilità del suo interlocutore, Giachetti difende la doppia carica spiegando che: «Il nostro statuto prevede la possibilità di chiedere una deroga riguardo al mantenimento della carica di consigliere comunale e di deputato e io l’ho fatto».
Quindi, nessuna forzatura delle regole. Anzi, precisa Giachetti, la sua carica di consigliere comunale a Roma rappresenta la volontà di un intero partito, e non di un singolo, di non sottrarsi al fare opposizione in caso di sconfitta alle elezioni: «In quella campagna elettorale più volte nei confronti televisivi contro la Raggi mi è stato chiesto se per serietà sarei rimasto a fare opposizione in consiglio comunale nonostante la sconfitta e ho risposto di sì, per il bene della nostra comunità. E nessuno può chiedermi di non essere conseguente con le mie parole». Sul ‘lungo mandato’ in Parlamento, invece, Giachetti osserva: «Io sono in Parlamento da un numero di legislature uguale o inferiore ad altri nel Partito: Gentiloni, Franceschini, Giacomelli, Bressa, Pinotti, Pollastrini. Ci sono perché al pari di loro la Direzione Nazionale ha dato una deroga formale. Sono stato eletto in un collegio uninominale senza il paracadute del proporzionale. Attendo che le tue considerazioni tu le rivolga con la stessa enfasi anche ai colleghi che si trovano nella mia stessa situazione». Poi l’ultima stoccata al presidente provinciale Dem: «A proposito di doppi incarichi, apprendo che oltre al rappresentante di Martina fai anche il Presidente del PD a Napoli. Se ti avanza un po’ di tempo la prossima volta vedete di certificare l’anagrafe degli iscritti così evitiamo di dover commissariare la commissione congresso e concedere deroghe su deroghe, alle regole previste, per consentirvi di svolgere il congresso».

Martina si gioca
il tutto per tutto
E’ chiaro che i sostenitori di Martina stanno tentando il tutto per tutto per ridurre il gap da Zingaretti. L’assalto decisivo parte dalla Campania e c’è un motivo. Tutti i big del partito, compresi il governatore De Luca e il supervotato consigliere regionale Mario Casillo, si sono schierati con l’ex ministro dell’Agricoltura e reggente ad interim del Pd nel dopo-Renzi. A Salerno, ad esempio, Martina ha toccato picchi anche del 70% e in Campania è ampiamente avanti a Zingaretti. Non è così nelle altre regioni, anche se sta recuperando terreno, considerato che il governatore del Lazio era ormai il segretario in pectore. Ma l’unica via d’uscita per Martina è quella di sottrarre voti a Giachetti, con cui si sono schierati i renziani ortodossi, quelli che con la sinistra di D’Alema e Bersani non vogliono avere a che fare, mentre Zingaretti è orientato a ricostruire il centrosinistra classico. I renziani no. Non ce la fanno a cantare il più classico «scurdammece ‘o passato». (Leggi anche il servizio del 31 gennaio sull’esito del voto delle convenzioni di circolo. Chi ha vinto, l’analisi delle regioni)

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sabato, 9 Febbraio 2019 - 11:16
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