Catania, bufera su concorsi all’Università Sanzioni sulla carriera per chi non si adeguava alla volontà della ‘cricca’

Università Catania
L'Università di Catania al centro della bufera giudiziaria

Altro che concorso per meriti, come dovrebbe essere. Il requisito base per riuscire ad aggiudicarsi un posto all’Università di Catania da professore ordinario, professore associato o ricercato era quello di avere gli agganci giusti nella ‘cricca’ che aveva il potere di assegnare quei posti. Né c’era il pericolo che la commissione esaminatrice, composta anche da docenti esterni a quell’Università, mettesse i bastoni tra le ruote e si opponesse alle candidature ‘segnalate’, ché la regola non scritta per quella di «non interferire». Non solo: i docenti dell’Università di Catania dovevano ‘adeguarsi’ a questo sistema perché altrimenti sarebbero scattate sanzioni: ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.

Sono i retroscena dell’inchiesta che stamattina ha portato alla sospensione dell’attività del rettore di Catania, di un ex rettore e di 8 docenti dello stesso ateneo. Il provvedimento ha colpito, in particolare, il rettore Francesco Basile, il predecessore Pignataro, i professori Giuseppe Sessa (Medicina), Filippo Drago (Medicina), Carmelo Monaco (Agraria), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia), Giuseppe ‘Uccio’ Barone (Scienze politiche), Michela Maria Bernadetta Cavallaro (Economia), Giovanni Gallo (Matematica), e Roberto Pennisi (Giurisprudenza). Iscritti nel registro degli indagati anche altri 40 docenti, appartenenti ad altre Università: Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. Questo gruppo di docenti è stato selezionato per fare parte delle commissioni esaminatrici. Secondo l’accusa, si sarebbero preoccupati di «non interferire» sulla scelta del futuro vincitore «compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole».

L’inchiesta abbraccia un arco temporale che va dal 2016 al 2018. I bandi sui quali si è concentrata l’attenzione degli inquirenti riguardavano gli assegni delle borse e dei dottorati di ricerca, l’assunzione del personale tecnico-amministrativo, la composizione degli organi statutari dell’Ateneo l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti.

Il gip parla di «estrema pericolosità» e «piena consapevolezza» delle «gravi illiceità» commesse dal gruppo spinto «da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a delinquere», emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di «non parlare telefonicamente» o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti.

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venerdì, 28 Giugno 2019 - 12:28
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