Caso Ioia, così Salvini infanga un motivo di vanto per lo Stato: «Vergogna e schifo per la nomina a Garante dei detenuti»

Salvini carcere Poggioreale
Matteo Salvini in visita agli agenti della Penitenziaria nel carcere di Poggioreale di Napoli (foto Kontrolab)

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Può una persona redimersi dagli errori commessi? Può una persona, che ha scontato la sua pena e si è perfettamente reinserita nella società, essere giudicata per ciò che è diventata e non guardata sempre e solo attraverso la lente del pregiudizio? La risposta ad entrambe le domande è ovviamente affermativa. Eppure c’è un ex ministro che non si fa scrupolo nel riservare parole cariche di odio e di disprezzo verso un uomo la cui ‘colpa’ di oggi è quella di avere ottenuto, per volere del sindaco di Napoli, l’incarico di Garante dei detenuti.

L’ex ministro in questione è Matteo Salvini, leader della Lega. Il bersaglio del suo livore è Pietro Ioia, tornato in libertà nel 2002 dopo 22 anni di reclusione per traffico di stupefacenti e negli ultimi 18 anni impegnato nel sociale senza mai incappare in alcun nuovo guaio con la giustizia. «Sono stato nel carcere di Poggioreale e ho ascoltato chi grida al mondo la vergogna e lo schifo per la nomina di uno pseudogarante di detenuti con una carriera da spacciatore di morte alle spalle – sono state le parole di Salvini nella conferenza stampa convocata ieri, venerdì 13 dicembre, dopo la visita nel penitenziario partenopeo finalizzata esclusivamente a dialogare con gli agenti della Penitenziaria – Mettetevi nei panni di un agente che ogni giorno si confronta con una popolazione di 2mila delinquenti e si ritrova a dovere essere sottoposto al giudizio e all’umore di uno che è stato condannato ad anni ed anni di carcere, grazie a quel genio di De Magistris».

Ora, la nomina di Pietro Ioia a Garante dei detenuti del Comune di Napoli – al pari di ogni altra nomina – può legittimamente essere disapprovata e anche criticata. Ci si può legittimamente chiedere se quella di de Magistris sia stata la scelta più giusta. Tuttavia esibire con tale naturalezza parole come «vergogna e schifo» non significa disapprovare: vuol dire denigrare, insultare. Denigrare e insultare un uomo per ciò che è stato una quarantina d’anni fa, prima di entrare in prigione, dove ha pagato il conto con la giustizia e dove – anche grazie all’amministrazione penitenziaria e agli agenti della Penitenziaria – ha cominciato quel percorso che gli ha consentito, una volta uscito di galera, di dare un calcio al suo oscuro passato. Ma per Salvini Pietro Ioia non merita alcuna seconda occasione. Per Salvini Pietro Ioia è ancora «quello che è stato condannato ad anni ed anni di carcere». Come se tutto quello che è venuto dopo la condanna, non è mai esistito. Come se il nuovo Ioia, in questi ultimi venti anni, non sia esistito.

Ci soffermeremmo anche a spiegare all’ex ministro perché questo approccio è sbagliato, ma soprassediamo perché convinti che la polemica montata contro Ioia sia volutamente strumentale e per questa ragione la scelta delle sue parole è ancora più odiosa. Non da oggi Matteo Salvini si è presentato come paladino delle forze dell’ordine. Non da oggi Matteo Salvini ha provato a dividere il mondo in buoni e cattivi, facendo intendere di essere dalla parte da lui presentata come ‘giusta’ e gettando in questa cerchia le basi per il consenso elettorale cui attingere all’occorrenza.

E, allora, era inevitabile che Salvini interpretasse i sentimenti dei sindacati della Penitenziaria (che hanno duramente attaccato Ioia) procedendo con la fucilazione di Ioia a mezzo stampa. Un gioco strumentale e disgustoso, che si sta consumando sulla pelle di una persona che è riuscita – e questo le fa onore – a rimettersi nei binari della legalità dopo avere pesantemente deragliato. Un gioco vergognoso che, per paradosso, getta fango finanche su quello che dovrebbe essere presentato, con vanto, come un successo dello Stato civile di diritto: il recupero e il reinserimento di un detenuto nella società.

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sabato, 14 Dicembre 2019 - 13:35
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